Atletica & Bambini
I recenti risultati sportivi dell’atletica leggera italiana, in verità molto scadenti, inducono a fare una seria riflessione sull’intero movimento, visto non solo nella sua capacità interna di favorire e di stimolare le proprie risorse, ma anche nella sua capacità esterna di interagire attivamente con il mondo della scuola. A fronte della necessità di elargire più fondi statali da destinare per legge allo sport, e segnatamente all’atletica leggera, appare sempre più chiaro che il settore andrebbe riformato su due piani: 1) ingaggio di esperti (anche stranieri) nelle varie discipline; 2) ancora più stretta collaborazione con le strutture scolastiche, aumentando di molto le occasioni sportive, ampliandone così l’importanza del dato formativo.
Per quanto riguarda il primo punto, l’assunzione di allenatori (anche stranieri) che siano ai vertici della loro professione, bisogna purtroppo piegarsi alla vigente legge di mercato, a quella che avviene in tutti gli sport e i settori commerciali: il potere contrattuale dell’offerta. Bisogna essere competitivi economicamente, investire in persone che sappiano programmare e individuare, che capiscano della loro materia, che siano professionisti acclarati e riconosciuti. Non basta avere della buona volontà, per ottenere certi risultati, occorre invece munirsi di un progetto che preveda investimenti mirati al raggiungimento di determinati obiettivi.
Invece, per quanto riguarda il secondo punto, il discorso è molto più complesso, perché riguarda il mondo della scuola, ragazzi dalle elementari alle medie, e non solo. In passato si è cercato a più riprese di mettere in pratica la fattiva collaborazione fra mondo dell’atletica e mondo della scuola. Ma i tentativi sono, tutto sommato, apparsi alla prova pratica troppo frammentari e generici, non riuscendo ad entrare nello specifico delle situazioni locali e difettando perfino di continuità amministrativa. Ci riferiamo soprattutto alla Legge 440 del 18-12-97 detta dell’autonomia scolastica, che prevedeva la possibilità concreta delle singole scuole di definire “autonomamente” (Programmazione d’Istituto, Collegio dei Docenti) l’offerta formativa da erogare agli studenti. Cioè, il singolo istituto scolastico, nell’ambito dell’elaborazione del piano dell’offerta formativa (POF), aveva facoltà di stipulare convenzioni con associazioni sportive del posto, oltre che con gli Enti Locali, in accordo con le esigenze e le risorse del territorio.
Si riconosceva, purtroppo solo a parole, l’estrema importanza dell’atletica leggera nel percorso formativo del bambino, a partire dal suo ingresso a scuola. Si certificava, per così dire, che solo nella scuola è possibile favorire lo sviluppo e il raggiungimento degli obiettivi non solo motori (capacità senso-percettive, posturali, coordinative), ma anche cognitivi (attenzione, comprensione, elaborazione di strategie), affettivi (conoscenza di sé, autostima, assunzione di impegni) e relazionali (rispetto delle regole, lavori di gruppo, collaborazione). Non si è mai voluto del tutto capire, in Italia, che per crescere bene i futuri cittadini, bisogna formarli bene, fornendo le migliori occasioni di sviluppo. E che per realizzare questa semplice, ma importante realtà (necessità) occorre investire veramente, cioè crederci, con decisione e intelligenza. Ad esempio, fin dalle elementari, si potrebbero istituire delle borse di studio per i più meritevoli nella materia dell’Educazione Fisica, che poi significherebbe premiare e incentivare i più meritevoli nell’educazione sanitaria, nell’educazione alimentare e, quel che più conta, sarebbe come premiare i più bravi nell’educazione civica.