Intervista ad Orlando Pizzolato
Cominciamo quest’avventura sul web con l’intervista al campione che maggiormente ci ha fatto fremere. Eravamo semplici appassionati della corsa, seguivamo le imprese di Mennea, Ottoz, Cova, su pista, e pativamo un po’ per quelle meno appariscenti dei maratoneti: Cindolo, Arese, Zarcone, eccetera. Pensavamo che a noi italiani fosse preclusa la corsa di Filippide. Ed invece, eravamo nell’84, un fulmine a ciel sereno: la maratona di New York, la più celebre del mondo, è vinta da un italiano!!! Pizzolato! Oddio! E cosa accadde poi? Accadde che l’anno successivo, la maratona la vinse ancora lui: Orlando PIzzolato!!!
Coniammo per lui un epiteto: l’ “Orlando Glorioso”…, e ci mettemmo tutti a correre la maratona.
DOMANDA. A partire dalle prime gare giovanili, qual è stata la tua vittoria più bella? Quale quella più utile?
RISPOSTA. Per la vittoria più bella, dovrei scindere la risposta in due tronconi. Da un lato, non posso dimenticare il Trofeo Pighi, vinto a Verona, quando ero Juniores. Da un altro lato, molte gare giovanili, perché mi sono risultate tutte utilissime, per la crescita.
D. Nell’ultimo mondiale di Atletica l’Italia non ha brillato. Anzi… Perché, secondo te?
- C’è una certa difficoltà a reclutare e manca una preparazione specifica. Cerco di spiegarmi meglio. Gli atleti sono sì motivati, però disperdono energie per le distrazioni: non fanno vita da atleti. Per fare secondo me “vita da atleti”, bisognerebbe in un certo senso essere da soli: non si dovrebbe perdere la concentrazione.
D. Ricordi il momento in cui hai deciso di cominciare a correre?
- A dire il vero, non mi ricordo un momento particolare; quello che mi ricordo è il contesto. Sono state tante le occasioni, i casi, i particolari, le sfumature, le suggestioni. Non un momento, quindi, ma un insieme.
D. Qual è stata la persona che maggiormente ti ha influenzato?
- Il mio allenatore Gianpaolo Lenzi. Arrivai a lui, a Ferrara, come un giovane atleta, che aveva avuto un percorso evolutivo e che andava specializzato per la maratona. Gli devo molto, quasi tutto. Seppe per me essere un maestro con la “m” maiuscola, insegnandomi ad essere atleta, e non solo. Però, è doveroso da parte mia dire che un po’ tutti coloro che incrociarono la mia esperienza contribuirono alla mia formazione.
D. Ho sempre trovato i tuoi scritti ben fatti: unisci esperienza podisitica e competenza linguistico – espressiva. Devi aver fatto delle buone letture. Dico bene?
- Grazie. Comunque, credo, niente di particolare. Romanzi, forse. Quando ero a scuola, cercavo di sapere cosa avessero scritto gli autori che studiavo, cercando di capire anche “come” lo avessero scritto. A volte ritornavo più volte sulla stessa pagina, per acquisire elementi che eventualmente mi fossero sfuggiti ad una prima lettura.
D. E’ indiscutibile l’importanza della scuola per la formazione di una sana cultura sportiva. Pensi che la recente riforma “Buona Scuola” vada in questa direzione?
- Discorso molto ampio, perché bisogna stare attenti a quello che leggiamo sui giornali, o che apprendiamo dai media in generale. Però, ho il sospetto che il livello non aumenterà, purtroppo. Certe carenze, anche strutturali del “sistema scuola”, necessitano di tempi e di risorse ancora non realizzabili nell’immediato.
D. Nella vita, si hanno amici e nemici. Nello sport, si hanno compagni e avversari. Per te, chi è stato il compagno più sincero e l’avversario più fiero?
- Anche qui il discorso è ampio. Ma se devo davvero scegliere dico, per il compagno, Massimo Magnani; per l’avversario, il gibutiano Saleh, quello della maratona di New York dell’85.
D. Grazie, Orlando, per l’intervista.
- Grazie anche da parte mia, è stato un piacere.
Per noi è stato un onore!