Il nostro corpo ricorda
Il nostro corpo ha memoria. L’affermazione è scientifica, non suggestiva, e nemmeno poetica: ha proprio memoria. Probabilmente, non si chiama memoria quella che il nostro organismo incamera e racchiude, per quanto attiene il complesso delle sue funzioni; però, “ricorda” il suo pregresso, che non si cancella, non si “cestina” e neanche si “resetta”.
La prova ce la fornisce, se vogliamo, un altro sport al quale noi italiani, volenti o nolenti, siamo per così dire sottoposti: il calcio.
Le cronache, meticolose oltre ogni dire, che riguardano i calciatori (quante volte vanno in bagno…, il litigio con la moglie e/o fidanzata…, quanti gol hanno segnato nelle stagioni precedenti…, ecc.) ci hanno anche “deliziato” quelle volte in cui celebri campioni si sono seriamente infortunati. Prendiamo i casi di Gigi Riva e di Diego Maradona. I rispettivi infortuni erano seri, e li tennero lontani dalle gare per svariati mesi. Riva, si ruppe il perone in una partita con la nazionale; Maradona “incappò” in tale Goicoechea e si ritrovò la caviglia fratturata.
Cosa avvenne ai loro corpi durante la lunga degenza? Le capacità coordinative, il tono muscolare, i riflessi, se non sono sollecitati (allenati) perdono di elasticità, di efficienza, come ogni buon podista sa. Quindi, cosa successe delle loro abilità prestative? I suddetti, quando rientrarono in campo, dopo l’iniziale periodo di riadattamento, non ebbero problemi a ripetere le loro “gesta”. Come mai? Eppure al calcio, più che al podismo che è uno sport più “semplice”, sono richieste abilità particolari. Le attività coordinative sono più esasperate: la forza, la resistenza e la velocità devono essere allenate bene, ognuna di queste caratteristiche, mediante esercizi mirati e prolungati. Se poi si pensa che al calciatore è indispensabile una buona dose di elasticità di movimenti, ben si capisce quanto debba essere complessa la preparazione dell’atleta dopo un infortunio. Senza contare che una seppur minima attenzione va’ rivolta all’aspetto del gioco di squadra, tattica o altro, assolutamente assente nella preparazione di base del podista.
Allora, dobbiamo necessariamente convenire con l’assunto che le nostre cellule “ricordano” ciò che hanno imparato a fare. Non soltanto quindi riscontriamo un ripristino dell’efficienza complessiva dovuta alla semplice ripresa degli allenamenti. Ma soprattutto ci rendiamo conto che il nostro corpo non ha perso l’attitudine al riflesso, al colpo d’occhio, all’istinto atletico. Il nostro corpo “ricorda”. Possiamo dire che come occorrono diversi mesi per formare un atleta, così occorrono molti mesi, affinché si perda del tutto la “memoria” di ciò che si è acquisito. Nel senso che solo un infortunio che ci tenga lontano dal campo o dallo stadio per qualche anno, può determinare una vera e propria “perdita di memoria”.
A ben pensare, stiamo ragionando riguardo a quello che avviene per ogni forma di apprendimento. A scuola, per esempio, impariamo delle cose che, anche se poi neglette e trascurate nel tempo, tuttavia emergono in talune circostanze, a dimostrazione che nel nostro essere, istinto, chiamiamolo come vogliamo, resta la traccia di quello che si è appreso, resta appunto la “memoria”, perché il nostro essere si è modellato in un certo senso che affiora quando nemmeno noi ce lo aspettiamo.
Non affliggiamoci dunque se c’infortuniamo, anche gravemente, e dobbiamo stare fermi per un po’: “ce lo possiamo permettere!”