Sul controllo antidoping
Pur avendo notevole disgusto verso il doping e il conseguente rifiuto viscerale al solo sentirlo nominare, qualche domanda ce la poniamo: come mai il controllo antidoping è spesso nell’occhio del ciclone? Come mai non se ne vedono tanti in giro? Forse perché è un organismo che costa troppo? Forse perché è un meccanismo ancora non sufficientemente rodato?
La legge italiana che regola l’antidoping risale al 2000: L. 14 dicembre 2000, n. 376 (“Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping.” Vi si legge, all’art. 1, comma 2: “ Costituiscono ‘doping’ la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a migliorare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni degli atleti.”
Il CONI ha istituito una specifica “commissione” che si occupa dell’osservanza della legge in argomento. La procedura che essa applica è la seguente. Per prima cosa, si inizia con una serie di analisi scientifiche su di un campione di urine di un atleta selezionato. La raccolta di urine deve essere in quantità sufficiente, per potere svolgere le analisi previste. Praticamente, avviene questo. Si identifica l’atleta, consegnandogli un recipiente, nel quale viene deposta la sostanza da analizzare. Il liquido ottenuto è messo in due contenitori separati, per l’osservazione preliminare delle caratteristiche del campione di urine prelevato. Infine, è redatto il verbale di prelievo.
A questo punto, bisogna trasportare i due campioni così ottenuti al laboratorio predisposto per le analisi. I campioni devono essere sigillati e anonimi, con la sola dicitura di un codice identificativo. All’interno di detto laboratorio, il personale impegnato nelle rilevazioni, provvede a un ulteriore ripartizione di codici dei prelievi ottenuti e alla conservazione dei campioni in celle frigorifere.
Si procede quindi alle analisi specifiche fatte da specialisti qualificati, i quali si avvalgono delle loro professionalità e di parametri di riferimento, in relazione alla ricerca di eventuali sostanze dopanti. Alla fine di questa fase, viene redatto il certificato di analisi, corredato dalla trasmissione dei risultati emersi, confrontando il codice con quello di riferimento del prelievo. Se risulta una positività, le analisi vengono ripetute in presenza dell’atleta che potrà avvalersi di legali e periti di sua fiducia.
La Commissione federale antidoping decide “a sorpresa” su quale competizione intervenire: finali nazionali di tutti i tipi, campionati nazionali individuali e di società, incontri internazionali, grandi meeting nazionali e internazionali, fasi regionali e interregionali di tutti i tipi. Per cui, osserviamo: con tante categorie di manifestazioni tra cui intervenire, difficilmente si arriverà ad effettuare un controllo antidoping in una corsa su strada di livello nazionale o regionale. Ci risulta che il costo per un controllo antidoping varia dai 400 ai 700 euro, a seconda della tipologia dello stesso (esame delle urine, esame del sangue, esame incrociato sangue-urine). E poi c’è da dire che si dovrebbero fare controlli antidoping a tappeto, per le numerosissime manifestazioni su tutto il territorio nazionale ma…, sembra incredibile…, esiste un solo laboratorio accreditato dalla WADA (l’ente internazionale per la lotta al doping), quello dell’Acqua Cetosa a Roma…! Come si possa sul serio combattere e scoraggiare il doping, anche a livello di prevenzione per la salute pubblica, senza intervenire mai, né “a sorpresa” né “con certezza”, nell’immenso e variegato popolo dei podisti amatoriali, non lo sappiamo; ambiente e contesto in cui è noto circolano dei bei soldini e degli atleti insolitamente veloci, veri e propri professionisti del settore i quali, di “amatore”, hanno evidentemente molto, ma molto poco.
Così, fra l’ignavia e la rassegnazione di tutti, fra ogni tanto qualche sporadico e forse sfortunato atleta amatoriale “pizzicato”, viene fuori la “storia” di Giorgio Maria Bortolozzi, master di 79 anni, che ai campionati italiani di Ancona, nel marzo del 2016…, facciamo perfino fatica a parlarne…!