La saggezza, nella vita e nel podismo
La caratteristica fondamentale degli esseri viventi è la carica di energia che promana dal loro organismo; energia innata e propulsiva che spinge tutte le funzioni corporee ad attivarsi. Nell’uomo, a differenza degli animali, l’intelligenza guida per così dire il flusso di energia in modo inversamente proporzionale; nel senso che quanto più consistente è la carica di energia tanto meno l’intelligenza opera su di essa. In effetti, avviene che l’organismo giovane “ottiene” i suoi scopi fisici senza dover necessariamente fare ricorso all’intelligenza, cioè alla capacità di riflettere sulle singole esperienze; mentre in età più adulta, questa “possibilità” diventa una “necessità”: da qui quella che comunemente viene definita “saggezza”.
Dopo questa ampia ma doverosa premessa, cerchiamo di “tradurre” nel podismo questo concetto di “saggezza”, intesa quindi come quella capacità di riflettere sulle azioni che si compiono, facendo riferimento anche a quelle pregresse, senza dar conto in prima istanza alla carica di energia che si possiede e che magari potenzialmente è in grado involontariamente di confondere e vanificare i risultati che si perseguono. Tale discorso è possibile rapportarlo sia al singolo podista in quanto atleta impegnato nell’esecuzione di un preciso programma di allenamenti e sia allo stesso atleta allorché cerca di trasmettere ad un giovane podista i criteri assimilati dalla sua esperienza.
Individualmente, il podista “saggio” è colui che corre da un certo numero di anni. Non è possibile acquisire saggezza senza aver contratto un determinato numero d’infortuni, passata la soglia degli anni “anta” e aver corso una consistente serie di competizioni ufficiali (strada, pista, cross). Ragione per cui egli imposterà le sue future annate podistiche con maggiore oculatezza: non più gare improvvisate, lunghi che si tramutano in lunghissimi, gare troppo ravvicinate, e via discorrendo. Ciò non significa che il podista si è fatto anziano, vuol dire semplicemente che si è fatto saggio, che cioè riesce a… “controllare meglio il carico di energia che possiede”, che il rapporto energia-intelligenza si è fatto (finalmente) equilibrato.
Quando poi il podista divenuto saggio sente di poter trasmettere ad un altro più giovane la sua esperienza (lo sente di dover trasmettere, perché i podisti sono tutti altruisti), saprà “centellinare” gli episodi podistici che consiglierà di adottare, attingendo anche a “conforti” tratti da altri podisti e da una certa letteratura in materia che pure esiste. Quindi, tabelle, teorie a confronto, allenamenti, prove, gare preparatorie e quant’altro.
Ora, sarebbe interessante stabilire se la saggezza sia maggiormente trasmissibile ai giovani, nella vita in generale oppure nel podismo… Un’idea io ce l’avrei…, ma sono di parte!