Vade retro recidiva
La vita atletica del podista è costellata da corse divertenti, imprese esaltanti, nuove e durature amicizie, e tante altre belle cose, però anche da qualche infortunio…, che a volte può tardare a guarire e che, anzi, tende perfino a ripresentarsi: è la recidiva, classica situazione patologica non completamente ripristinata, per fretta o per fatalità, e che silenziosamente e lentamente si riforma.
Noi tutti siamo abituati a considerare la recidiva come una malattia che si ripresenta dopo l’avvenuta guarigione. Ed è così. Ma per “recidiva” è forse meglio intendere tutte quelle situazioni in cui si ricade nella malattia, vista nel suo aspetto generale di compromettere l’integrità fisica. Anche nel caso di un infortunio muscolare, ad esempio, se non completamente ripristinata l’efficienza delle fibre lesionate, si può e si deve parlare di “recidiva”, cioè di quella particolare condizione predisponente al riproporsi dell’impedimento, perché non del tutto sanata, “azzerata”, la situazione scatenante. Se ci è consentito un esempio abbastanza banale, indicheremmo nel “reset” di un computer avente un problema difficile da comprendere la soluzione ottimale per risolvere una situazione ingarbugliata.
Resta comunque indubitabile che la recidiva sia la nuova manifestazione di una malattia, oppure una sintomatologia, che si erano presentati e poi erano scomparsi, guariti o rimossi con un intervento di natura chirurgica. A dire il vero, molte malattie hanno un tipico andamento in cui si alternano “recidive” e “remissioni”. Di solito, la recidiva è caratterizzata da una sintomatologia dello stesso ordine delle precedenti manifestazioni, però non sempre. Può accadere che il quadro clinico possa presentarsi maggiormente complesso, quindi più grave, magari in dipendenza del fatto che l’agente patogeno trova adesso una diminuita resistenza nell’organismo già in precedenza attaccato e che, di conseguenza, risulta debilitato.
La recidiva si riscontra dunque in tutti i tipi di malattie, ma il caso più ricorrente non è una malattia in particolare, bensì una situazione specifica legata alla terapia della malattia e cioè il momento post operatorio di un intervento chirurgico. E’ qui che si radica maggiormente il timore che si possa verificare una recidiva, ipotesi sempre in “agguato”, come quando si dice dopo ogni intervento, mirando alla risoluzione definitiva, con la classica frase… “salvo complicazioni”. Basta solo una, infatti, di queste “complicazioni” ed ecco che la recidiva si fa’ strada…
Uno dei casi maggiormente diffuso nella popolazione dei podisti, è quello dell’ernia inguinale, sulla quale cerchiamo dare qualche consiglio di ordine generale su come e cosa fare per cercare di scongiurare, dopo l’intervento chirurgico che si è reso eventualmente necessario, la recidiva.
La prima situazione che il podista interessato deve affrontare è quella alimentare. Oltre al fatto che bisogna stare attenti a non aumentare di peso, si devono favorire gli alimenti che contengano del collagene e dell’elastina, molecole molto utili per il ripristino del tessuto connettivo. Per tale motivo, quindi, sono da favorire alimenti come il pesce (collagene), soia (arginina), frutta e verdura (vitamina C). La frutta e la verdura vanno assunte soprattutto perché contengono fibre, e comunque tutti gli alimenti (i podisti li conoscono…) utili per favorire il rilascio intestinale ed ostacolare fenomeni di stitichezza. In effetti, tutti i “ristagni” organici impediscono il fluire del meccanismo metabolico e possono innescare processi di tensione organica con la conseguenza del possibile richiamo alla patologia regressa vista nella sua segnalazione di malessere (ogni patologia, ricordiamolo, è un segnale di malessere che ci manda il corpo…).
L’altra situazione a cui deve badare il podista avveduto è quella che riguarda un minimo di programma di esercitazioni, affinché sia gradualmente sollecitata l’intera parete addominale. Però, si raccomandano delle serie di esercizi molto blande, anche troppo… Anzi, per effettuare al meglio il momento, sarebbe opportuno munirsi di una fascia contenitiva, per supportare meglio ogni minimo sforzo, proprio per scongiurare al massimo grado ogni forma di eccesso, magari dovuto a mera distrazione, se non a un piccolo e isolato “tentativo”, che però potrebbe causare qualche danno a cui il fisico non sarebbe in grado di rispondere.
Ricapitoliamo… La recidiva è sempre in agguato… Questo perché nell’organismo rimane come una cicatrice…, non funziona nel modo che noi gradiremmo, che fosse cioè cancellata per sempre quella specifica situazione. Nel nostro organismo resta comunque una traccia, silente quanto si vuole, ma esistente; e basta poco, a volte, per procurare un suo “risveglio”. Una prova l’abbiamo dalla nostra condizione generale e… dall’anagrafe. Quando corriamo con molta intensità, o per lungo tempo, e ci sentiamo stanchi, la parte del corpo che avverte maggiormente lo stato di affaticamento, e che ci lancia segnali in proposito, è proprio quella dove ha sede la potenziale recidiva, dove cioè si è manifestato a suo tempo (anche a distanza di molto tempo) l’infortunio o l’intervento chirurgico. Va’ detto di più: a mano a mano che il tempo passa, sul nostro corpo si addensano… non soltanto le rughe attestanti gli anni ormai trascorsi…, ma anche e soprattutto (anche se non sembra) quelle che hanno caratterizzato le nostre prestazioni squisitamente fisiche e sportive. Non vale, in questo caso, il detto “tutto passa”, bensì quello adattato del “tutto, in un certo modo, resta”…
Cosa resta da fare al podista, alle prese con la possibile recidiva? Ben poco, quindi, anzi molto… Non è una battuta, è piuttosto la pacata e serena presa di coscienza di un evento riscontrabile nella pratica quotidiana e che può costituire fonte di saggezza per le performance sportive, in allenamento o in gara. La recidiva aiuta il podista ad ampliare la conoscenza del proprio corpo, ad apprezzarne le reali potenzialità, a conoscere in profondità i limiti e le possibilità. Essa costituisce quindi un ottimo tassello da aggiungere a quel mare magno dell’esperienza personale, che è la cosa più preziosa di qualsiasi esistenza podistica.