Una chimera sulla strada: la pista podistica
Avete mai visto dei podisti dimenarsi per strada, affinché non fossero investiti dalle auto nel corso del loro allenamento? Anzi, la cosa è accaduta anche a voi stessi e in più di un’occasione? Bene, anzi male. Però, questo ci offre l’occasione di affrontare un argomento altamente irrealizzabile, che tuttavia abbiamo la sfrontatezza di sottoporvi. Di cosa si tratti, è presto detto.
Diciamoci la verità; specialmente al sud d’Italia, i podisti sono costretti a correre su strada, sia per mancanza di strutture specifiche (e quelle poche esistenti in maggioranza sono in disuso) che per problemi vari, rappresentati soprattutto da limiti di tempo disponibili. In effetti, i podisti trovano molto più agevole uscire di casa in abbigliamento sportivo, svolgere il loro allenamento e ritirarsi alla propria abitazione, con tutti i vantaggi e le comodità che la cosa comporta. C’è solo un piccolo problema: devono dimenarsi e arrangiarsi fra le varie automobili presenti sulla strada. Sì perché, sia detto per inciso, i podisti sono i più maltrattati rispetto ai ciclisti e ai pedoni, ai quali sono fin troppo, colpevolmente secondo noi, assimilati. Perfino il Codice della Strada tende a confondere le acque. Leggiamo l’articolo 190, comma 1: “I pedoni devono circolare sul margine della carreggiata opposto al senso di marcia dei veicoli in modo da causare il minimo intralcio possibile alla circolazione.” Come si vede, si parla di “pedoni”, non di “podisti”… Si potrebbe obiettare che noi siamo esageratamente pignoli, perché sia gli uni che gli altri fanno leva sui piedi per muoversi… Però replichiamo che, mentre per i pedoni sono previsti i marciapiedi e per i ciclisti le piste ciclabili, mancano per i podisti specifiche strutture. A meno che non si voglia sostenere che i podisti siano una sottospecie di cittadini sui quali è lecito sorvolare. E non vale nemmeno la pena di segnalare come si sia pensato di risolvere questo problema urbano, promuovendo le cosiddette piste promiscue, cioè ciclo-pedonali, dal momento che sono abbastanza rare e comunque non esenti da confusioni, vista la carente organizzazione stradale di tali infrastrutture urbane, che quasi sempre difettano di corsie di separazione fra i due gesti motori, aumentandone “il traffico” nelle ore di maggiore affluenza…
Siamo talmente convinti di quello che andiamo sostenendo che lamentiamo perfino la mancanza della segnaletica appropriata. Ci avete fatto caso? Esiste il segnale della pista ciclabile (la bicicletta disegnata sulla strada) aperta, quando lo è, anche ai pedoni (la figura di persona che cammina); ma non esiste, non è previsto, il segnale per il podista. Anzi, il segnale della persona che corre, lo si può vedere solo… nell’uscita di emergenza…, come se gli individui dovessero correre solamente nei casi di emergenza e non in tutti i momenti che ne abbiano voglia… La corsa, e il podismo quindi, vista come un ripiego, un momento da evitare, da non augurarsi… E poi ci lamentiamo che in Italia manca una vera e propria cultura sportiva…
Basterebbe incominciare a collocare in tutti gli ingressi delle piste ciclabili anche il segnale dell’omino che corre, a inserire nel Codice della Strada la dicitura “pedoni e podisti”, e cose di questo tipo; al fine di dare visibilità ad una nutrita frangia di cittadini e sperare in una crescita del senso comune relativo alla pratica sportiva generalmente intesa.