Quando si poggia di tallone

A guardare le foto dei podisti, s’impara molto della corsa. Innanzitutto, è questa è la cosa più importante, abbondano i sorrisi, il che significa che questa pratica sportiva fa’ bene al cuore e a tutto il resto. E perciò ce ne compiacciamo enormemente. Ma se appena appena soffermiamo l’attenzione su altri particolari, allora ci vengono spontanee alcune perplessità ed altrettante riflessioni. Quella più frequente attiene l’appoggio di tallone. Ne vogliamo parlare?

Tutti i manuali della corsa che ineriscono lo stile segnalano che il giusto appoggio, per motivi tecnici e fisici, dev’essere fatto di avampiede, e qualsiasi podista, da quello più veloce a quello più lento, ne è consapevole e d’accordo. Ma, allora, perché si vedono nelle foto molti podisti “beccati” in questa famigerata posa?

Noi riteniamo si tratti essenzialmente di un motivo psicologico. Secondo il nostro modesto parere, non c’è altra spiegazione. Quando il podista affronta una corsa, allenamento o gara non importa, viene inevitabilmente a contatto con la sensazione (spesso molto più che una sensazione…) di fatica, per cui l’atteggiamento, soprattutto mentale, è quello di atteggiarsi al risparmio, all’impiego minimale di energie, all’utilizzo istintivo della propria salvaguardia fisica… Non stiamo scherzando.

Prendiamo l’esempio del podista che si allena. Quando comincia l’allenamento, è notorio, deve fare sempre un po’ di riscaldamento. Ed ecco che comincia la sua corsa… come se non corresse: le basi tecniche della corsa sono completamente sottaciute, tanto si pensa, ci si deve solo riscaldare, a che serve correre come recitano i manuali?  Poi, magari, si finisce con l’assumere le stesse movenze anche nel prosieguo dell’allenamento, perché la corsa è bene ricordarlo, è un’abitudine meccanica. Ma prendiamo anche l’esempio del podista che gareggia. Stessa cosa; all’inizio, quando si parte e si è intrappolati nel gruppone, cosa volete che passi per la testa del podista? Non si sta veramente correndo, tanto vale cercare la posizione, guardare se il cronometro è andato regolarmente in funzione, come sembrano stare gli avversari, rispondere a qualche saluto della gente ai bordi della strada, a proposito…, stare attenti a un qualche marciapiede… E la corsa? Cioè, la giusta postura? Il podista, di solito, si concentra su di essa dopo il primo chilometro. Subito dopo, però, subentra l’affanno derivante dal ritmo gara intrapreso e l’istintiva necessità di, siamo alla solita faccenda, “risparmiare” qualche energia: la gara è ancora lunga. Si tende, magari inavvertitamente, a poggiare il piede di tallone, perché si pensa così di riposare un po’, che sia il modo più “economico” di procedere nella corsa, quando invece la maniera meno dispendiosa energeticamente nelle corse di lunga distanza è quella di sollevare non troppo la gamba, ma di “cadere” sempre e comunque con la pianta del piede.

Non fa’ testo la foto dell’arrivo, invariabilmente con il tallone che tocca terra. Anzi, lo fa’: è la pratica dimostrazione che la nostra idea è suffragata dai fatti: il podista cerca sempre di “risparmiare”. Ma come dice un vecchio e saggio proverbio napoletano:

“ ‘O sparagn’ nun è maje uaragn’… “

 

 

 

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