Incidenti di percorso
Quando partecipiamo ad una gara, dobbiamo essere consapevoli che ci possono capitare degli inconvenienti, alcuni assolutamente improvvisi, altri un po’ meno. Soffermiamoci su questa poco piacevole situazione, che può verificarsi con diverse tipologie, perché essa può determinare l’esito della nostra competizione e forse anche, se non affrontata con cognizione di causa, il nostro immediato futuro podistico. Analizziamo una per una quelle che potremmo definire senz’altro come “criticità”.
Mentre corriamo, ci accorgiamo che i lacci di una scarpa si sono sciolti. E’ un bel guaio… Siamo subito tentati di pensare di poter continuare a correre, perché comunque la scarpa è tenuta ben stretta dal grosso dell’allacciatura, ma… cominciamo a notare che i lunghi terminali dei lacci sfiorano pericolosamente la suola della scarpa e che sono molto lunghi, forse troppo… Conviene fermarsi, accovacciarsi (non senza prima controllare se qualche podista sopraggiunge) e rifare l’allacciatura alla scarpa. L’operazione va’ fatta con calma, con cura, tanto il minuto stimato per questo tipo di intervento deve passare lo stesso… E quando si riprenderà a correre, sapere che il ritmo non potrà essere immediatamente quello che era prima della sosta, e si dovrà consentire quindi al corpo di ripristinare la sua normale gestualità di corsa nell’ambito di una ventina di metri.
L’acqua al ristoro è gassata. E’ possibile accorgersi che l’acqua è gassata, sia riconoscendone la classica bottiglietta, sia… al primo sorso. In questo malaugurato caso, che si può verificare nella frettolosa preparazione della gara allorché si predispongono e si organizzano i prodotti degli sponsor, è meglio astenersi dal bere, o tutt’al più, bagnarsi con la stessa acqua le braccia e il collo per trarne comunque un certo sollievo.
L’acqua al ristoro è nei bicchieri di plastica. Questa situazione non si dovrebbe mai verificare. Ma se il podista se la ritrova… davanti, che deve fare? Innanzitutto, dovrà decidere se deve veramente bere, almeno un sorso, o lasciar perdere e bere come capita. Nel caso che avesse una estrema necessità di bere, deve concentrarsi: prima “deve centrare bene” il bicchiere dal banchetto, cioè prenderlo dalla base, senza farlo oscillare; poi, deve “puntarlo alla bocca” tenendolo fermo (il che è difficile, perché si sta correndo e c’è l‘oscillazione della corsa) con il preciso intento di bere un solo sorso d’acqua (di più proprio non si può…).
Parte del percorso è in basolato. Quasi sempre il podista corre su strada e quasi sempre incontra, lungo l’intero percorso asfaltato, un breve tratto di basolato. Possiamo perfino azzardare una proporzione: 1 a 10. Cioè, su 10 km di gara, mediamente parlando, troviamo 9 di asfalto e 1 di basolato. A volte ce n’è di più, altre volte di meno, ma il podista abitudinario sa per esperienza che deve sapersi atteggiare (spesso si tratta di pazientare) su questo particolare percorso. Cosa dovrà fare? Dovrà enfatizzare il suo stile di corsa, che da “economico”, piedi quasi radenti al suolo, dovrà essere più “rimbalzante”, in modo tale da costituire in misura minore possibile l’impatto dei piedi sulla base stradale. Ma poi anche perché, mentre l’asfalto “restituisce” in modo elastico la spinta del piede, il basolato tende invece ad assorbirla, a trattenere i piedi nella sua base irregolare.
Presenza di pozzanghere sul percorso. Può capitare che prima della gara abbia piovuto e che sul fondo stradale si possano trovare pozzanghere di acqua. Di solito, le gare si svolgono al mattino, magari la pioggia ha bagnato il percorso e il freddo della notte non ha consentito alla strada di asciugarsi. Come deve regolarsi il podista? Dipende. Dipende dal “numero” e dalla “consistenza” delle pozzanghere. Se sono ridotte e distanti l’una dall’altra, potrà tranquillamente evitarle, pur variando leggermente la sua traiettoria di corsa, in modo da evitare che le scarpette al contatto con l’acqua si appesantiscano; ma se evidenti e ravvicinate, tanto vale a rassegnarsi e a non sprecare energie e attenzioni per evitarle, tanto si bagneranno ugualmente, però in compenso in podista manterrà l giusto assetto di corsa e non è detto che questo non gli sia, a conti fatti, di giovamento ai fini cronometrici.
Automobili in moto e ferme lungo un tratto di gara. E’una cosa che non dovrebbe mai accadere, lo sanno gli organizzatori e lo sanno i podisti, ma contro l’inciviltà di alcuni automobilisti e il frenetico traffico delle città, anche in quelle più piccole e anche di domenica mattina presto, c’è ben poco da fare… Non resta che usare qualche lieve e ovvio accorgimento. Meglio correre lontano dal “tubo di scappamento” e non a “bocca aperta”; tutto sommato, il nostro corpo è sufficientemente organizzato per proteggersi in evenienze simili: all’interno delle narici ha dei peli, sottili e spessi, che saranno anche antiestetici, d’accordo, ma in questo caso fungono da valido filtro. Di più, non è possibile fare.
Spinte alla partenza. Forse, il momento più difficile di una gara è la partenza: si è in molti, ci sono spinte, l’adrenalina è al massimo e non si fa’ altro che aspettare il segnale di partenza. Ecco, questo è il momento in cui bisogna porre la massima attenzione, per non cadere e per non farsi male in generale: ne va’ dell’esito della stessa gara. Probabilmente, il modo migliore sarebbe quello di non trovarsi in prima fila, con tutta la moltitudine di atleti che pressa da dietro. Anche se ci si ripromettere di partire veloci per evitare impatti, può sempre capitare che qualcuno, posto in “seconda fila”, sia più scattante di noi che gli siamo davanti e che vada ad incocciare un nostro piede. L’ideale sarebbe partire avanti, ma non troppo, e in posizione laterale, a destra o a sinistra è indifferente. Così, si potrebbero limitare eventuali danni e comunque si parte più tranquilli.
Un dolorino mentre si gareggia. Può accadere che durante una gara qualcosa del nostro corpo faccia un improvviso capriccio, non verificatosi negli allenamenti di qualità; può essere osseo, tendineo, o muscolare; può manifestarsi nel bel mezzo della competizione , oppure nel finale di gara. Bisogna distinguere. Se il fastidio si manifesta, indipendentemente dal km… che si sta percorrendo e da quanti ancora ne mancano al traguardo, bisogna valutarne l‘entità: e qui risiede la “saggezza” del podista, che è sempre e solo eminentemente individuale. Spesso, per fortuna, basta rallentare per un centinaio di metri e tutto passa (in questo gioca un ruolo molto importante lo stimolo della gara). Ma se il problema si verifica in prossimità del traguardo, specialmente se la sua natura è di tipo muscolare, allora bisogna stare in guardia, perché quasi sicuramente è un problema dovuto alla stanchezza, che potrebbe causare qualche contrattura alla parte interessata. Se il podista avesse avuto l’intenzione di prodursi in uno sprint finale, meglio che abbandoni questo “progetto” e che ripieghi su di un più tranquillo finale corso in leggera progressione di velocità: è più saggio arrivare con qualche secondo di ritardo rispetto ad una progettata tabella, o a un avversario, che arrivare infortunati.
Altro. Francamente, facciamo fatica a ipotizzare altri inconvenienti, ma a tutto c’è un rimedio: una bella benedizione in luogo consacrato… e non se ne parla più!