L’appoggio del piede nella corsa
La stragrande maggioranza dei podisti, ammettiamolo, nel gesto della corsa poggia il piede di tallone, nonostante una miriade di ammonimenti al riguardo da parte anche di persone molto competenti, che meriterebbero ben altra attenzione. Ma perché avviene tutto questo? Ci deve essere un motivo…, forse più di uno… Indaghiamo.
Molto probabilmente il motivo per il quale i podisti tendono a poggiare di tallone è perché pensano, istintivamente, di poter atterrare prima per fare meno sforzo e, contemporaneamente, anticipare la spinta e renderla così più efficiente. Altro elemento che può rendere il gesto sbagliato più abituale, potrebbe essere il peso del podista, quando è “generoso”…, cosa che rende difficile e non automatico il sollevamento del ginocchio e quindi del piede.
Dobbiamo allora convenire che l’istinto dell’uomo è sbagliato? Madre natura ci ha trasmesso le trasformazioni genetiche sbagliate? Quello a cui assistiamo, le posture sbagliate, è solo il frutto di una cattiva evoluzione della specie? In realtà, è vero proprio l’opposto. Senza voler fare troppo i difficile, dobbiamo riconoscere che l’uomo moderno è molto diverso da quello antico, al quale era necessario essere veloce e spedito nei movimenti, pena la precarietà assoluta della sua stessa vita. Ragione per cui il suo “stile di corsa” era assolutamente flessibile e agile, rispondente appieno in modo se vogliamo paradossale ai più moderni e ricercati modelli indicati e caldeggiati dai tecnici della corsa.
Ma perché, in definitiva, è meglio poggiare di pianta e non di tallone? E’ molto semplice. Anche ad una sommaria riflessione sull’argomento, non può sfuggire che si poggia sui talloni per effettuare salti in alto. Cioè, la spinta del tallone procura una reazione diretta dello spostamento del corpo verso l’alto, essendo questa parte più solida del restante del piede. Viceversa, la pianta del piede, se poggiata a terra, procura una certa instabilità che induce l’istintiva rotazione dell’altro piede, per mantenere l’equilibrio, causando perciò lo spostamento in avanti. Col tallone, quindi, si resta sul posto, mentre con la pianta ci si muove. Inoltre, poggiando di tallone, si determina una “caduta” del peso complessivo del corpo su di un’unica “base”, sottoponendola all’assimilazione di un carico veramente eccessivo e causando difficoltà, che col tempo evolveranno in veri e propri problemi, alla schiena e alle ginocchia. Quando invece, se si fosse semplicemente poggiato di pianta, tutto il peso si sarebbe distribuito comunque in più punti del corpo, riducendo di molto i rischi di sovraccarico funzionale.
Insomma, meglio, molto meglio, abituarsi a correre poggiando di pianta e non di tallone. Ecco, lo abbiamo detto: “abituarsi a correre”… Ma come si fa’? Con la corsa lenta, ovviamente. A furia di porre attenzione al gesto tutte le volte che si corre in modo lento, si ha l’opportunità di studiare e controllare il gesto. Aggiungiamo che, affinché si possa naturalmente poggiare di pianta, si deve fare attenzione al ginocchio della gamba sollevata quando effettua la falcata: l’ideale è che la punta del piede non superi la linea immaginaria del ginocchio quando è flesso. Così facendo, si ottiene un passo più corto, ma non è questa la cosa più importante, ai fini della velocizzazione del ritmo: saranno poi le frequenze dei passi, il ritmo che saremo in grado di tenere, a determinare la velocità complessiva. Infatti, fateci caso, anche osservando i podisti che corrono veloci: la gamba sollevata ha il ginocchio leggermente avanti rispetto alla punta del piede.
E fate caso anche ad un’altra cosa: questi podisti, oltre ad essere più veloci, sono anche più sorridenti… Quando le cose si fanno bene, danno soddisfazione!