Correre a sensazione

In materia podistica, esistono molti tipi di allenamenti, svariati modi di correre, forse troppi; per cui qualche volta il podista abituale, quello che corre praticamente tutti i giorni, diversificando scientemente i propri allenamenti,  può sentirsi come avvolto in una specie di gabbia, costituita dai suoi soliti, inappuntabili, inderogabili e rigorosi impegni fisici. Il tutto si spiega, ovviamente, con l’esigenza di prepararsi adeguatamente ad un tipo specifico di gara e con il conseguente bisogno di rispettare una determinata tabella che quasi sempre, anzi sempre, prevede schemi di “lavori” da eseguire con attenzione. Però, a lungo andare, può capitare che al podista, episodicamente, vengano meno certi stimoli, quelli che lo sorreggevano e lo sostenevano nell’effettuare l’allenamento richiesto, anche nei casi di fiacchezza fisica o di inclemenza delle condizioni meteo. Sorge quindi la necessità di esaminare la situazione di poter correre senza avere l’assillo di un parametro da eseguire, senza per altro, e questo è molto importante ai fini psicologici, averne come un senso di colpa, un’attestazione di un decadimento fisico o motivazionale. Insomma, il podista abituale, quello che corre con esperienza, deve mettere in conto che esiste anche un altro modo di concepire la corsa, insieme a tutti gli altri che lui ben conosce: correre a sensazione.     

 

Correre a sensazione significa ascoltare il proprio corpo in quella determinata situazione, in un certo senso significa rispettarlo. Il nostro corpo non è una macchinetta, a cui diamo il necessario carburante per poter funzionare e via. Esso è costituito anche da elementi motivazionali e psicologici che, pur facendo presa su di un organismo complessivamente ben strutturato, tuttavia può per sua natura intrinseca, essere esposto ad oscillazioni comportamentali difficilmente programmabili e prevedibili. Pertanto, è bene che il podista esperto sappia riconoscere, e accettare, questi momenti, questi inizi di allenamenti, i quali se in apparenza vanno contro l’applicazione di una tabella giornaliera di allenamento, vanno comunque incontro a quelle aspettatine inconsce che si agitano nel profondo e che non riescono ad essere recepite, diciamo così, dall’esterno.

Cosa si fa’, quando vengono questi momenti? Intanto, si evita di correre in gruppo con gli amici, perché ci si distrae e poi ci si dimentica di quelle volte che si è cominciato a correre in condizioni simili salvo poi accorgersi che le gambe giravano da sole… Cosa si fa’? Si decide tranquillamente di correre a sensazione, cioè di correre insieme al proprio corpo, nel modo che lui vuole e consiglia, non come prevede la tabella di allenamento, che molte volte non è scritta su di un foglio, ma nella nostra mente… Ecco un aspetto da non trascurare… Inavvertitamente, quando l’organismo è teso, o stanco, trasmette una certa svogliatezza: questo è il classico momento di correre a sensazione, di assecondarlo, di “fare quello che lui vuole”. Per una volta tanto, facciamo quello che lui vuole, non quello che noi vogliamo (a tutti i costi) si faccia. E se la cosa si dovesse ripetersi anche il giorno seguente, ebbene significa che dobbiamo per un certo periodo (una settimana o forse più) correre in questo modo, poiché se una parte del nostro corpo lo richiede, bisogna… accontentarla; il non farlo, il negare o il sottacere l’esistenza del disagio, non può fare altro che alimentare la difficoltà, con il rischio di renderla cronica, con la necessità di effettuare un riposo assoluto, anche prolungato.

E poi, diciamocelo, correre qualche volta a sensazione, ci da’ veramente la “sensazione” di correre in assoluta libertà e felicità.                                                                                                           

 

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