Sono un podista, anche se non corro (soprattutto)
Non so, non ricordo quando cominciai ad essere un podista. Sarà stato sicuramente da bambino, perché mia nonna (Amalia) mi diceva che appena potevo non camminavo, ma correvo. Sarà stato da ragazzo, quando improvvisavo con alcuni amici la corsa del giro del quartiere (Rione Villa, San Giovanni a Teduccio). Sarà stato da militare, Taranto, 1972, quando vinsi qualche medaglia. Oppure, sarà stato quando partecipai alla mia prima corsa su strada, “La corsa dei tre Comuni”, Ercolano, 1985, 12 km di sofferenza… O forse quando coronai il sogno della mia prima maratona, Cesano Boscone, 1988, finita allo stremo delle forze… Ma, probabilmente, il momento decisivo è stata la Mezza di Nola, quella delle “Nocciole”, nel 1993, quando un compagno di squadra col quale la correvo tranquillamente mi fece notare che quei vecchietti che io avevo valutato con compassione perché arrancavano dietro di noi, in realtà ci erano davanti di un bel pezzo…! Sì, forse è stato in quell’istante che cominciai ad essere un podista.
Fu in quel preciso momento che decisi di correre con impegno, cioè fare tutto quello che potevo, per diventare un buon podista. Per una mia strana conformazione (e confusione) mentale, pensai che mai più dei vecchietti mi avrebbero superato e, già che c’ero, neanche nessuna donna…! Cosa bisognava fare affinché ciò accadesse? Mi calai, anzi mi sprofondai, nella parte. Letture specialistiche, allenamenti serrati e impegnativi, supervisione di esperti, dedizione completa anche all’alimentazione e all’abbigliamento, cioè a tutto quello che forma, mi sia consentito dire, un professionista. Sì, un professionista. Perché la mia seconda professione, da quel momento, sarebbe stata quella del podista. Da quel momento (31 ottobre 1993) avrei svolto una doppia attività: insegnante e podista.
E’ quindi dal 1993 che posso dire di vivere da podista. Appena mi sveglio al mattino, la mia giornata è improntata e contrassegnata dalla corsa. A dire il vero, già dalla sera precedente il mio andare a letto è stato deciso in funzione della corsa mattutina; quindi…, non troppo tardi. D’altronde, quale ultimo gesto della giornata è stato quello di mangiare una mela. Lo so, c’è chi beve del latte, chi guarda la TV, eccetera: io mangio una mela. Dal 1993…
Poi, è tutto un prosieguo e un susseguirsi di cose podistiche. Svolta la corsa nel silenzio dell’aurora rotto soltanto dai miei passi sull’asfalto (che bello come sentirsi il padrone della città, ed esserne in un certo senso un rappresentante di civiltà: la città vissuta nel nome di un alto valore come quello dello sport), passo al disbrigo delle altre cose quotidiane, pur necessarie, certo, ma che ora mi appaiono più facili da svolgere. Ho indosso una leggerezza e una freschezza, fisica e morale, che mi accompagnerà per tutta la giornata…
Al lavoro, per strada, fra la gente…, noto subito chi calza qualche scarpa da runner. E’ incredibile come io guardi le persone dai… piedi alla testa…, da quando pratico questa disciplina. E mi chiedo: sarà un podista? Quando lo sguardo si alza all’altezza della sua figura, specialmente all’addome, ho la conferma o la smentita: quello del podista è piatto…
Dal giornale che leggo, cerco sempre qualche notizia sportiva relativa all’Atletica Leggera (poche, in verità) e qualche programmazione TV che metta in evidenza questo sport bellissimo (quasi nessuna, purtroppo, e soltanto in occasione delle scontate competizioni internazionali). Però, appena ne catturo una, sono lì a commentarla con ch mi è da presso, specialmente con i ragazzi, ai quali spero sempre di trasmettere la passione: vedo anzi nei loro sguardi stupiti, oltre a un pizzico di commiserazione per la mia “fisima”, anche un genuino interesse per la “materia”. Ai ragazzi, si sa, piacciono le avventure, i giochi, l’aria aperta, la libertà…
Cosa mangio lo decide la mia corsa, non io… Se devo correre al pomeriggio, il pasto non avverrà che prima delle due ore, per consentire una buona assimilazione e digestione degli alimenti, che saranno sicuramente carboidrati (e non proteine, che richiedono tempi digestivi molto prolungati), perché entrano subito in circolo, dandomi l’energia necessaria (la mia “benzina”, cosiddetta). E di sera, quando mi siedo a tavola, non penso tanto a quello che ho svolto durante l’intera giornata, o meglio, lo faccio, ma con un certo disincanto, mi concentro piuttosto sull’integrare gli alimenti che non sono eventualmente riusciti ad entrare nella mia dieta giornaliera…
Come vesto non decide tanto la previsione meteo, o la temperatura esterna, quanto la mia idea podistica. Bisogna coprirsi, in caso di freddo, soprattutto alle estremità, ad impedire il disperdersi del calore; mentre in caso di caldo, meglio indossare indumenti di cotone e non aderenti. Questo in linea di massima, ben inteso, e segnatamente agli abiti “borghesi”, ma poi va’ a finire che la tuta, o la maglietta tecnica, eccetera, prendono il sopravvento su tutto il resto…
Insomma, l’ho detto, sono un podista…, sempre!