Il recupero dopo la maratona
Indubbiamente, per il podista, la gara più bella è la maratona. Nessuna delle gare diverse dalla maratona ha il suo fascino, la sua storia, la sua durezza e la sua incredibile sensazione di mettere chi la corre di fronte a sé stesso, alle sue paure, alle sue incertezze, alle sue soddisfazioni. Di lei si potrebbe senz’altro dire: “se non ci fosse, bisognerebbe inventarla!” Proprio per questa sua “universalità” di gradimenti, la maratona è stata studiata e scandagliata in tutti gli aspetti ed è, ne siamo sicuri, ancora in via di approfondimento, poiché gli elementi che la interessano sono tanti e tutti strettamente intrecciati tra di loro, dall’abbigliamento, dall’allenamento, dall’alimentazione, dalla preparazione mentale…, insomma, da una concerie di situazioni che debbono anche funzionare bene in una data prestabilita da mesi, pena la vanificazione (parziale o totale) di tante attenzioni e preparazioni.
Uno di questi aspetti, che pensiamo perfino si trascuri, è il recupero post maratona. Sì perché, e ogni podista lo sa, se l’importante è completare una maratona, allora vuol dire che una volta tagliato l’agognato traguardo e alzate le braccia al cielo (se se ne ha ancora la forza…) il più sia stato fatto: si sono percorsi, ininterrottamente (non importa a quale ritmo…), i classici 42,195 km! E il recupero? Come la mettiamo con il recupero? Sarebbe come non dare importanza alla notte per il giorno, all’inverno per la primavera, cioè al reintegro delle energie dopo averle impiegate ed esaurite. Si dirà, il riposo. D’accordo, ma anche nel riposo c’è una certa logica, anche il riposo è una forma di attività che consente all’organismo il ripristino della sua efficienza. Se riposiamo e basta, recuperiamo; se riposiamo con un certo criterio, recuperiamo meglio e più in fretta.
In un certo senso, il recupero dopo una maratona comincia mentre la si corre; se la conduzione della gara riflette e rispetta la preparazione che è stata svolta con un ritmo adeguato e previsto, o se invece durante lo svolgimento della stessa, per svariati motivi che possono sempre accadere in una gara tanto lunga, sono intervenuti dei fattori che ne hanno impedito la linearità. Vuol dire che quando tagliamo il fatidico traguardo, il recupero da fare sarà commisurato alle condizioni fisiche con le quali completiamo lo sforzo. Forse non lo si pensa come si dovrebbe, ma un conto è recuperare, prendendo a parametro la scala 1 a 10, partendo da 7/8, un altro da 10. Come per tutti i tipi di gare, però per la maratona ancora di più, bisogna arrivare al traguardo stanchi, anche stanchissimi, ma non distrutti.
Il primo compito del maratoneta al termine della gara è quello di riportare le scorte di glicogeno ai livelli della partenza. Il ripristino delle sue scorte è più rapido se assume carboidrati in forma liquida, anche perché si sono persi durante lo sforzo consistenti dosi idriche e saline. Ad essere più indicate, sono le maltodestrine, magari associate a glucosio o ad aminoacidi a catena ramificata (ma questo non durante le fasi concitate dell’arrivo, bensì in quelle ponderate delle 24 ore susseguenti). Naturalmente, si dovrà porre rimedio al danno muscolare derivante dalle migliaia di volte che i muscoli, lavorando in modo eccentrico, si sono contratti nell’impatto con il suolo. Questo è il motivo per cui il maratoneta lamenta un dolore localizzato ai muscoli della coscia, in particolare al quadricipite, il quale compare il giorno seguente la gara e può raggiungere il massimo della sua fastidiosa persistenza, se non adeguatamente “trattato”, perfino dopo 48 ore. Pertanto, è opportuno correre in maniera molto, molto blanda il lunedì, per un 40/50’ al massimo. Lo scopo è “massaggiare” i muscoli, per favorire le tossine accumulate durante la maratona. Solo nel caso, come si diceva prima, si arrivi stravolti dalla fatica, il riposo del lunedì è assolutamente necessario, pena la possibilità di procurarsi un infortunio, altro che… scaricare la fatica. Il buon podista non dovrebbe mai smettere di pensare che il nostro corpo ci segnala la indispensabilità del riposo assoluto, lanciandoci il messaggio della grande stanchezza (e infatti quasi tutti gli infortuni, se non proprio tutti, traggono origine da episodi di notevole stanchezza). Al limite, il riposo può essere prorogato al martedì, può starci: il nostro corpo può trarre giovamento dal riposo, dopo una giornata di smaltimento di tossine, cioè in condizione di relativo e non assoluto affaticamento delle fibre muscolari. O invece, proseguire per tutta la settimana, quei 40/50’ di corsa blanda, facendo in modo che, giorno dopo giorno, sia sempre un po’… meno blanda. Comunque, saranno da preferire percorsi pianeggianti e magari non quelli soliti, misurati meticolosamente. Che sono serviti per la preparazione alla maratona: meglio rigenerarsi anche mentalmente, con tracciati in un certo senso da scoprire. Solo alla domenica successiva alla maratona e una settimana corsa come si è descritto, pensare di svolgere una tranquilla seduta di corsa media, giusto per risvegliare un poco il nostro organismo e per non fare del tutto assopire in lui il “mordente” del maratoneta.