Intervista a Vincenzo Ambrosio, il vecchietto che batte i giovanotti
Dopo averla persa, abbiamo ritrovato per fortuna un’intervista che facemmo al nostro caro amico Vincenzo Ambrosio. Precisiamo, però, che noi una cosa non la perderemo mai: l’amicizia che ci lega a questa bellissima persona.
Sappiamo che sei stato calciatore e che per questo sei arrivato tardi al podismo. La domanda è d’obbligo: quando, come e perché cominciasti a correre?
Trasferendomi dal centro storico di Napoli (dove sono nato) a Calvizzano, non avevo amici nella mia nuova residenza. Pertanto, era difficile organizzarmi per continuare a giocare al calcio. Siccome oltre al calcio praticato mi piaceva seguire tutti gli sport, un collega infermiere, podista, m’invitò a partecipare ai Campionati Italiani per Dipendenti Universitari, visto che i policlinici fanno parte delle università. Era la prima volta che partecipavo ad una gara podistica, ed era il 2007.
Dicci della tua prima gara e delle tue impressioni circa il nuovo mondo sportivo che andavi a conoscere.
Era, come dicevo, il 2007… Andò abbastanza bene. L’amico correva con la Napoli Nord Marathon con la quale ebbe un diverbio e la lasciò per andare a iscriversi con la nascente Napoli Run. Venne da me in radiologia e m’invitò a iscrivermi con questa nuova società. Non esitai nemmeno un attimo. Già partecipando alla gara universitaria avevo provato una sensazione bellissima.
Parlaci ora dell’esperienza più bella e più brutta (finora) della tua esperienza podistica.
La mia prima gara è stata ad Acerra, era una 12 km. Inizialmente mi sentivo a disagio, visto che a differenza del calcio, “col quale stai sempre a litigare con l’avversario”, la corsa mi dava una tranquillità soprattutto mentale. La più bella esperienza fu quella di Dugenta, campionato regionale di cat. M55. Ricordo che ero all’ottavo km e correvo con l’amico avversario di categoria, Ettore Beatrice, podista fortissimo. Mi dissi che non potevo rischiare di arrivare al traguardo insieme a lui, per cui decisi di aumentare il ritmo. Ero affaticato, ma riuscii a staccarlo, conquistando il titolo! L’esperienza più brutta è stata alla maratona di Firenze, anno 2010. Era una giornata fredda e piovosa. Mi ritirai al 10° km, per un dolore al polpaccio. Fu un’odissea… Per arrivare al pullman per cambiarmi, il viaggio di ritorno fu interminabile…
Ci sembra di notare che hai un rapporto particolare col tuo corpo, forse troppo spinto nel senso dell’agonismo. In te, ci sembra si riproponga il dilemma di tanti podisti che sono arrivati tardi a praticare l’Atletica e che per questo motivo rimpiangono di non averlo fatto in gioventù. Essi si avvedono che, forse, questo sport individuale mette più a confronto la persona con gli insegnamenti dello sport; e cioè la possibilità di gioire per gli obiettivi strettamente personali che si possono raggiungere. Ci sbagliamo?
No. In effetti, rimpiango di non aver iniziato prima a correre… La corsa ti da’ delle sensazioni bellissime, uniche, personali, lo dice uno che… “dormiva col pallone”.
Sei sicuramente pieno di progetti per il futuro (la tua età “biologica” è verdissima…). Dicci quali sono.
In me è rimasto lo spirito agonistico che avevo fin da bambino: cerco sempre di superare chi ho davanti! Fino a quando Nostro Signore mi darà la forza, cercherò sempre di superare chi mi precede, indipendentemente dalla categoria a cui apparterrò: M55, M60, M65, M70… e oltre!