Ci manca una canzone
La mancanza di popolarità nello sport, almeno in Italia, si vede dalla mancanza di canzoni. Prendiamo il caso dell’Atletica Leggera. Zero. Altri sport, invece, ne hanno. Vogliamo occuparcene?
Cominciamo col farne un elenco, ovviamente, di quelle che ricordiamo. Altre ce ne saranno, ma la nostra memoria personale ci consente solo quello che adesso proponiamo. Escludiamo le canzoni con testo non in italiano, per ovvi motivi (quelli di un’atavica ignoranza).
- Adriano Celentano, “Eravamo in centomila”
- Paolo Conte, “Bartali”
- Lucio Dalla, “Nuvolari”
- Francesco De Gregori, “La leva calcistica del ‘68”
- Franchie HI – nrg, “Pedala”
- Ligabue, “Una vita da mediano”
- Rita Pavone, “La partita di pallone”
- Quartetto Cetra, “Che centrattacco”
Già ad una rapida osservazione si capisce che lo sport nazionale è il calcio; ben 5 titoli su 8. Gli altri 3, riguardano due volte il ciclismo e una sola volta l’automobilismo. Di tre canzoni del calcio, non ci fermeremo troppo, perché sono una dimostrazione godereccia di come il calcio sia radicato nelle nostre abitudini: fra le pareti domestiche (la gelosia della moglie, nella “Partita di pallone”); l’approccio allo stadio (“Eravamo in centomila”); nel sogno (“Che centrattacco”). Ma le altre due e le tre che non riguardano il calcio, hanno un qualcosa nel testo che ce le fa’ apprezzare: tracciano un profilo dello sportivo ideale, racchiuso e circoscritto nella sua dimensione personale che, per chi si ritrova e si identifica in certe situazioni, non lascia del tutto indifferente. Nell’osservazione e nell’ammirazione del campione, noi vediamo riflessa la nostra stessa condizione umana, messa alla prova all’esterno della nostra personalità e visibile nella figura del campione. La nostra identificazione quindi col campione è totale e con lui condividiamo sia le sofferenze che le gioie.
Quando un campione si mostra all’attenzione generale, in ognuno dei suoi ammiratori scatta in modo automatico la ricerca della possibile identificazione. Si studia il personaggio, lo si scandaglia anche al di là delle apparenze per trarne i tratti coi quali è ravvisabile una somiglianza, che può essere fisica o comportamentale, e con la quale convivere tutti gli avvenimenti sportivi con una partecipazione totale, che potremmo definire “carnale”.
Al cospetto del nostro campione tutto passa in second’ordine, perfino la compagnia di un gradevole partner sentimentale. La possibilità di osservare dal vivo, sia pure per pochi istanti, l’oggetto della nostra idolatria, ci fa’ trascurare qualsiasi altra cosa del vivere quotidiano, in un certo senso ci trasporta in una dimensione particolare, senza tempo e senza luogo, dove ci troviamo solo in due, e dove gli sguardi anche se non fanno per davvero, s’incrociano per un istante che vale tutta una vita.
Del campione non ammiriamo soltanto le capacità atletiche, che in realtà sappiamo di non avere, ma anche e soprattutto quelle mentali, che invece sappiamo di possedere e che sono inespresse nel corso della vita che nella pratica quotidiana conduciamo. Quando sosteniamo lo sforzo del campione, in realtà ci sforziamo noi di riuscire in quell’impresa. E la determinazione che occorre è tutta la nostra capacità mentale della sopportazione della fatica, quella determinazione che non è testardaggine, ma facoltà di utilizzare il cervello in modo razionale e responsabile, di fronte alle nostre reali condizioni e… anche oltre, nello sconfinato sentiero del coraggio e del superamento dei limiti.
Una vita condotta così, in compagnia della pratica sportiva, ci restituisce il senso della gioia che troppo spesso ci è negato. Sia pure con uno strumento, un pallone, un’automobile, una bicicletta, raggiungiamo il senso della vita più appagante e forse rispondente alla natura umana, che vede nel movimento fisico la ragione stessa dell’esistenza.
Ecco, risiede forse in questo il disagio della nostra riflessione “podistica”: tutti gli sport hanno bisogno di un qualche elemento su cui fondarsi, tutti, tranne il podismo. Il podista, infatti, non ha bisogno di pallone, di automobile, di bicicletta (ma neanche di piscina, di cavallo, eccetera), per fare sport. Una canzone se la meriterebbe. Ce ne sarebbe una, ma che non è del tutto specifica, anzi è molto relativa: “Strada facendo”, di Claudio Baglioni. Dal suo testo e dalle sue note, possiamo evocare le suggestioni che vogliamo. Accontentiamoci.