Mi chiamavano “cronometro svizzero”
Mi chiamavano… “cronometro svizzero”…, in contrapposizione all’amico di squadra Michele…,
che invece era un “semplice”… “cronometro italiano”… Entrambi non disdegnavamo, anzi sollecitavamo, i nostri compagni di squadra a dare il meglio di sé mediante allenamenti individuali mirati, non escludendo ovviamente anche quelli di gruppo in modo gioioso. Così, fra corse specifiche, dette “lavori”, e corse a gruppi, devo dire ho maturato una spiccata caratteristica, tale da meritare l’appellativo di cui sopra. La massima espressione di questa mia capacità è stata senza dubbio la maratona di Ravenna, nel 2005, di cui riporto in copertina il diploma che mi fu rilasciato dall’organizzazione. I numeri parlano chiaro: corsi le due metà della gara, allo stesso passo. E pensare che la gara venne funestata da una condizione atmosferica veramente inclemente: vento, freddo, pioggia… Una cosa veramente incredibile. Per dare un’idea, cito solo due casi. Gli ultimi 7 km, li corremmo con l’acqua… che arrivava alle caviglie! E un amico di squadra si ritirò, riparandosi in una cabina telefonica, al 30° km, per… assideramento!
Ma come ho fatto a maturare questa, detto senza vanagloria, capacità? E’ semplice, ho avuto buoni maestri. E devo dire che comunque sono stato un buon allievo, un buon apprendista. In genere, per imparare, occorrono due cose: avere buoni maestri ed essere buoni allievi. Per essere buoni maestri, bisogna farlo per passione, senza volerne benefici in cambio. Per essere buoni allievi, si deve mettere in pratica, alla lettera, le lezioni che ci vengono impartite ed avere la pazienza di aspettare i benefici che ne deriveranno.
Dopo qualche annetto di “apprendistato”, cominciai a capire diverse cose, soprattutto i ritmi di corsa e le distanze dei percorsi che impegnavo. Ancora oggi, non vorrei sembrare immodesto, sono in grado di capire, ad occhio, la lunghezza di un percorso e il ritmo concordato da tenervi. Per cui posso dare anche qualche consiglio sul come acquisire una certa padronanza del proprio corpo; perché poi in effetti di questo si tratta.
Innanzitutto, cominciamo col dire che il podista che comincia a correre deve… cambiar vita… Nel senso che molto probabilmente deve rivoluzionare le abitudini della sua giornata. Ora, dovrà dedicare almeno due ore, se non tre, della sua giornata alla corsa. Stabilisca lui quali, solo lui può saperlo; dovrà “sottrarle” alla famiglia, al lavoro, alle proprie abitudini. Ovviamente, dovrà tener conto di un’alimentazione consona” all’attività podistica. Cioè, non mangerà prima di allenarsi e si ciberà di ingredienti calcolati, distinguendoli in carboidrati, proteine, eccetera, assunti nei vari momenti della giornata. Indosserà parimenti abiti specifici per la corsa, a cominciare dalle scarpette; che non dovranno essere “sole”, ma qualcuna in più, in dipendenza del ritmo di corsa che si deve tenere, se non per qualche gara in particolare. Meglio sarà se terrà un diario personale dei suoi allenamenti, così da tenere un ricordo tangibile con cui rapportarsi in futuro (chi comincia a correre, conta di farlo per molti anni ancora…). Si dovrà correre tutti i giorni, o quasi, con “qualsiasi condizione atmosferica”, come recitano i volantini delle gare. Sì, perché la corsa deve diventare una normale abitudine del nostro corpo, e anche della nostra mente. Si deve imparare a riposare, correndo. Per questo, esistono i diversi ritmi di corsa… Corsa lentissima, comunemente detta di “scarico”; corsa lenta, per aumentare la vascolarizzazione corporea e affinare il corretto stile di corsa; corsa media, per stimolare l’organismo alla sollecitazione degli stati aerobici e anaerobici; corsa veloce, ripetute, progressivi, fartlek, eccetera, per imparare, sia pure parzialmente, la sofferenza allo stato pure che porta poi al miglioramento delle capacità, perché finalizzato all’allenamento ragionato delle fibre bianche, quelle della velocità. Tutto questo, si capisce, richiede tempo, tempo e pazienza, ore e ore di corsa, con la pioggia e il sole, al mattino presto o alla sera tardi, incuranti della gente e delle intemperie, a “parlare” con il proprio corpo, per sentirne i battiti del cuore, e… non soltanto dal punto di vista cardiaco…