Lo spirito di squadra

Fra i podisti amatoriali, a volte, aleggia un’espressione al tempo stesso bella e suggestiva, ma anche strisciante ed enigmatica: lo spirito di squadra. Cos’è? In che consiste? Quando, come e perché si manifesta? Forse è il caso di fare una sorta di riepilogo, giacché ogni tanto, in quasi tutte le squadre (ripetiamolo, amatoriali) si verifica una qualche situazione che giustifica e predispone lo scritto presente.

Tutto parte da un equivoco di fondo, e cioè che una squadra podistica, in un certo senso, non può avere un vero e proprio spirito di squadra, in quanto il suo non è uno sport di squadra… Spesso si ha la tendenza a dimenticarsi questo aspetto sportivo, che pur alla fin fine riveste un ruolo di non secondaria importanza nella psiche del singolo podista, il quale è premuroso e fiero di far parte di una squadra, ma resta pur sempre ancorato alla sua singola e personale performance, e nulla può dare agli altri in termini di contributo sportivo, e nulla può ricevere dagli altri per lo stesso motivo. Bisogna quindi distinguere su due piani abbastanza differenti l’azione in cui si svolge e si manifesta lo spirito di squadra, che inerisce principalmente le attività che sono per così dire collaterali alla pratica sportiva in senso stretto.

Detto questo, si deve allora ricercare in altri ambiti, non propriamente sportivi, lo spirito di squadra, che si manifesta in attività quasi esclusivamente “preparatorie e aggregative”. Inutile fare degli esempi…, ma facciamoli lo stesso… Lo spirito di squadra non nasce all’improvviso, ma comincia a prendere forma nell’atto di fondazione della squadra. Anzi, un po’ prima; quando un gruppo di amici con l’identica passione si riunisce con lo scopo di realizzare un’entità che travalichi i meri ambiti sportivi e che certifichi un impegno verso un raggiungimento di obiettivi affettivi e sociali. L’entusiasmo porta facilmente ad organizzare un’azione comune volta a dare non solo forma, ma anche sostanza alla nascente squadra. E’ come quando una famiglia prepara il corredino al nascituro… In questo frangente lo spirito di squadra è altissimo: statuto, logo, maglietta, tuta, sede, eccetera… Tutto concorre a fare schizzare in alto lo spirito di squadra.

Poi però, bisogna dirlo, può cominciare a manifestarsi il contrasto del tutto personale e perfino giustificato tra il singolo podista, con la sua personalità, il suo modo d’intendere la vita, e tra le esigenze della squadra, che possono essere le più svariate, anche se le più attese, e cioè la crescita degli iscritti, le scelte sociali in divenire, eccetera eccetera. In una sola parola: la vita della squadra. Ed è qui essenzialmente il nocciolo del problema. Mentre il singolo podista ha una sua psicologia, una sua vita (lavorativa e familiare), la squadra non ce l’ha… La squadra non possiede, né può possedere, una propria istintiva (a volte inconscia) predisposizione al come affrontare i casi della vita. Stiamo dicendo una cosa molto importante… Un podista, singolarmente, procede come la sua storia personale gli ha insegnato. Giusto. Ma una squadra, non avendo una propria personalità, se non quella giuridica, che è cosa ben diversa dalla fattispecie personale, non può procedere che con il massimo delle scelte condivise, in una ricerca inesausta di democraticità delle intenzioni, che sono come si vede l’antitesi delle aspettative singole.

Conclusione? Non c’è una conclusione. Se non quella che in una squadra, il vero spirito di squadra, consiste nella capacità, e nella volontà, del singolo podista di contribuire alla formazione e alla realizzazione delle scelte generali.

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