I colori sociali
Siamo continuamente circondati dai colori, viviamo letteralmente nei colori, ne siamo totalmente condizionati, tanto da non renderci conto neanche della loro esistenza, eppure non li pensiamo abbastanza.
Se dobbiamo comprare dei pastelli, o dei pennarelli, chiediamo i “colori”; se ci capita di vedere un film in bianco e nero…, storciamo il naso e continuiamo con lo zapping; la nostra vita vorremmo che fosse a “colori”; e via discorrendo. Ma non ci soffermiamo quasi mai a pensare ai colori, al ruolo che ricoprono nelle nostre esistenze. Anche in quelle… podistiche. Perché il completino gara della nostra squadra di appartenenza ha questi colori? E’ solo un motivo di design, o si tratta della scelta oculata di qualcuno, per attenersi a una tradizione oppure a un significato? Soffermiamoci.
Ogni squadra che si rispetti, di qualsiasi sport, ha i propri colori sociali, non si può derogare. La sola possibile indecisione riguarda se attenersi a quella che in un certo qual modo possa ritenersi una tradizione locale (i colori del comune, ad esempio), o una scelta cromatica dettata dalle esigenze specifiche (la scelta di un dirigente, ad esempio).
Per noi podisti, un motivo di discrimine potrebbe essere il privilegiare colori chiari, che notoriamente riflettono i raggi solari, limitando così la sudorazione. Ma osservando la miriade di colori nelle numerose ed affollate competizioni, viene da pensare che si è stati costretti un po’ tutti, per differenziarsi dagli altri, a scegliere colori variegati, anche accesi, che poco o nulla hanno in considerazione “il rilievo termico” a cui si accennava. In più, c’è da dire che è in uso la consuetudine di cambiare il completino gara ogni 3/4 anni, a motivo della “consunzione facile” a cui vanno soggetti indumenti molto spesso erosi dagli acidi del sudore. “Resistono”, per così dire, i colori sociali delle tute e dei giubbotti, solo perché ovviamente “riservati” per altro scopo che non è quello della corsa in sé.
Se si potesse operare una scelta più ponderata e calma, senza l’assillo di differenziarsi dalle altre squadre e quello, ugualmente pressante, di ascoltare il “richiamo della tendenza” (non diciamo moda) dell’ultimo grido, si potrebbe serenamente pensare alla scelta fra colori caldi e freddi, per meglio rappresentare il senso e la natura della nostra compagine. Ricordiamoli brevemente, questi colori, in grado di stabilire al nostro interno certe emozioni e contemporaneamente, all’esterno, di lanciare precisi messaggi.
Si è soliti dividere i colori in caldi e freddi. Quelli caldi, sono il rosso, l’arancione e il giallo, in grado di trasmettere gioia, forza e passione. Quelli freddi invece sono il blu, il verde, l’indaco e il violetto, che inducono calma, contemplazione e riflessione. Poi, ci sono i colori classici, quelli che vanno bene in ogni circostanza, usati però a tratti o strisce, quasi sempre per mettere in risalto il nome della squadra. Ancora, esistono i colori sfumati, a diverse gradazioni, sui quali spicca ad esempio il rosa, per l’evidente riferimento al dato femminile. Infine, si assiste alla presenza di quelli che si potrebbero definire i colori “trasversali”, quei colori cioè che si adattano a più di una singola interpretazione. Il verde, ad esempio, pur essendo un colore freddo, possiede il significato dell’aspirazione ad una vita improntata al rispetto della natura, come si vede con una carica passionale che di freddo ha ben poco. Allo stesso modo, il rosso, colore caldo, simbolo di impeto e di vigore, può assurgere a vessillo di estrema sincerità, al pari di una fredda e razionale decisione aprioristica.
A proposito di colori, perché il colore delle squadre nazionali italiane è l’azzurro? Qualcuno avrà pensato più di una volta: “Ma non dovrebbe essere come la bandiera, bianco, rosso e verde?” Perché al tempo delle prime competizioni sportive internazionali alle quali l’Italia partecipò, essa era un regno e si fece tributo alla Casa Savoia, che aveva l’azzurro all’interno del suo stemma.