La giuggiola
Nell’alimentazione del podista, non può mancare l’insostituibile componente della frutta, nelle sue diverse possibilità e, soprattutto, varietà (altrimenti detta “frutta di stagione”). Essa contiene quei sali minerali, quegli zuccheri, quell’acqua e quelle fibre che la rendono veramente irrinunciabile nella dieta dello sportivo avvezzo a praticare sport di resistenza.
Eppure, a nostro parere del tutto personale, la giuggiola è poco contemplata dai podisti e, perciò, anche poco conosciuta. Forse, è meglio noto il detto “stare in un brodo di giuggiole”, per significare una piacevole disposizione d’animo. La stessa parola “brodo” induce nell’errore, perché di solito l’alimento cardine di un brodo, cioè di una minestra, è un ortaggio, non una frutta. Ed allora, accingiamoci a conoscere un po’ meglio la giuggiola.
Il giuggiolo è una pianta a foglie decidue (che cadono) della famiglia delle rhamnaceae, utilizzato spesso come pianta ornamentale, per il suo aspetto decorativo. Quasi certamente, il giuggiolo è originario dell’Africa settentrionale e venne importato in Italia dagli antichi romani quando questi occuparono la vasta zona continentale al termine delle guerre puniche (220 a. C.). L’albero può arrivare anche ad un’altezza di 12 metri, ma l’eventualità è alquanto rara, a causa di piccoli brachiplasti, per cui è facile trovarne esemplari relativamente bassi. I rami sono abbastanza contorti, con una corteggia alquanto corrugata e, inoltre, sono ricoperti da spine. I fiori che il giaggiolo produce sono di piccole dimensioni, di un colore bianco verdastro. I frutti che ne derivano sono grandi come delle olive ed hanno bucce dal colore oscillante tra il rosso e il bruno, con polpa giallastra. Chi mangia il frutto del giuggiolo, percepisce immediatamente il caratteristico sapore dolce, perché esso contiene zizifina, una sostanza tipica contenuta nelle sue foglie. La sua maturazione avviene alla fine dell’estate, verso il mese di ottobre.
La giuggiola, se viene colta quando non è ancora del tutto matura, è di colore verde, con sapore simile a quello della mela. Se invece la si coglie quando è proprio matura, il colore si scurisce e il sapore sembra essere quello di un dattero. Ecco perché la giuggiola è anche chiamata “dattero cinese”. Non… spaventi questo aggettivo…, “cinese”: si chiama così, poiché il giaggiolo cresce spontaneo in Asia!
Le giuggiole si consumano sia fresche che cotte. Meglio mangiarle quando sono leggermente raggrinzite a causa dell’incrementato contenuto zuccherino. Esse, come quasi tutte le frutte (se non proprio tutte…) possono essere lavorate per preparare confetture e sciroppi. Questi ultimi hanno un blando potere lassativo e contengono, in quanto sciroppo, anche alcol. Anzi, a proposito di questa loro proprietà, c’è una teoria che vorrebbe la giuggiola come quel frutto che rese l’oblìo ai compagni di Ulisse (Odissea, libro IX) quando questi approdarono nell’isola dei lotofagi. Non a caso, come abbiamo ricordato, la giuggiola è di provenienza nord africana.
Quindi, non ci resta che aspettare la fine dell’estate (ottobre), per assaporare con una rinnovata curiosità il frutto della giuggiola. Nell’attesa, ci consoleremo con le confetture, mentre gli sciroppi, per il loro contenuto alcolico, lo… lasceremo ai sedentari!