La piramide nell’allenamento podistico
La piramide è una figura di geometria solida (con base poligonale e facce triangolari che vanno restringendosi in un solo punto) utilizzata come modello di riferimento in molti ambiti, anche in quello podistico, soprattutto in relazione ai settori inerenti l’alimentazione e l’allenamento. La figura della piramide viene usata frequentemente a causa della sua particolare conformazione, costituita da una base larga da cui si erge una linea in altezza confluente in un vertice punta massima di sommità. Quindi, ogni qual volta che si vuole procedere nella direzione indicata dal disegno della piramide, cioè da una linea orizzontale che diviene verticale per scelta selettiva, si agisce e si opera in un modo che potremmo definire verticistico. Non a caso, nell’antico Egitto, la piramide era la figura per antonomasia del faraone, vertice indiscusso di quella civiltà. La stessa radice etimologica della piramide sembra tragga origine dalla reale consistenza del fuoco, il quale dalla vasta base s’innalza fino alla punta della fiamma.
Negli anni ’60 il neozelandese Artur Lydiard coniò il termine “allenamento piramidale”. Esso, detto sinteticamente, prevedeva un ciclo di “costruzione”, per la resistenza aerobica (corse lunghe lente), un altro di “potenziamento”, per la capacità aerobica (corse in salita) e infine uno di “sviluppo” delle capacità anaerobiche (interval training, ripetute). Inoltre, sottolineò l’importanza di alcuni concetti chiave, ad esempio quello dello “scarico”, fino a quel momento trascurati.
Coloro che si attengono nella preparazione delle gare ad un allenamento cosiddetto piramidale, si rifanno a una teoria sicuramente valida, ma che forse è più indicata per podisti che non hanno una elevata capacità aerobica, magari perché corrono da poco tempo. In questo tipo di allenamento, la preparazione è suddivisa in blocchi e l’elemento principale consiste nello sviluppo della resistenza aerobica, cioè la caratteristica essenziale per corse di lunga percorrenza, che si ottiene con sedute di corsa lunga tenute a un ritmo regolarmente lento. I blocchi sono gli stadi della piramide (che a… questo punto potremmo anche chiamare “strati”), nel senso che il podista deve percorrerli a quel ritmo, per quei chilometri, al fine di “costrursi” un’efficienza di base utile e necessaria per ogni tipo di corsa. Con il risalire la piramide, cioè con il coprire gradualmente gli stessi chilometri ad un ritmo più svelto, il podista otterrà un miglioramento della sua efficienza aerobica e di conseguenza del suo rendimento sportivo. Da considerare, però, che nel prosieguo dell’attività podistica in generale, quando cioè si saranno maturate esperienze e risultati in allenamenti e in gare, sarà opportuno ridurre la quota (lo stadio) di allenamento riservato alla “resistenza aerobica” e aumentare invece gli stimoli affinché si possa aumentare la “capacità aerobica”, vale a dire la facilità di corsa a qualsiasi distanza. In questo caso basterà inserire nel programma intervalli di corsa del tipo di quella progressiva, in modo tale da preparare l’organismo a rispondere alle tutte le possibili sollecitazioni che possono subentrare nell’economia di una corsa. Più difficile e rischioso proporre ripetute brevi o medie, che però necessitano di pause e di recuperi fra le prove, dal momento potrebbero rivelarsi, per il podista, troppo bruschi i cambiamenti di ritmo. Tuttavia, dette prove, andrebbero comunque proposte, sia pure ad una velocità non massimale, in considerazione del fatto che costituirebbero senza alcun dubbio una variazione dell’allenamento standard che spesso può risultare noioso e ripetitivo.
Di seguito si riporta un esempio di ripetute medie e brevi, in un’unica sessione, in un ambito di allenamento piramidale nello “stadio” delle variazioni di velocità, quando cioè si sale dalla base verso il vertice e si vuole un po’ velocizzare il ritmo della corsa. Il modello è proposto ad un atleta in grado di correre una gara di 10 km in 40’, quindi con una capacità di effettuare una ripetuta di 1000m un 10” sotto ai 4’, ma che deve correre in scioltezza per non estremizzare il gesto. Lo schema prevede tratti di 200-400-600-800-1000-800-600-400-200m da correre grosso modo a questi tempi: 1000, 4’- 800,3’20”-600,2’30”-400,1’40”-200,50”. Andando a variare ogni volta di 200m, il “lavoro” complessivo sarà di 5 km, non troppo breve, né troppo lungo, ideale per una 10 km. Il recupero sarà di questo tipo: 1000,3’-800,2’30”-600,2’-400,1’30”-200,1’.
Altri esempi di “stadi” si potrebbero fare, perché la piramide non deve mai essere considerata una gabbia capace d’inglobare ogni tipo di podista a discapito, anzi, di un certo talento che dovesse manifestarsi, bisognoso pertanto di essere coltivato e fatto sviluppare solamente mediante metodiche specifiche. Tutto dipenderà dall’obiettivo che si vuole conseguire, dal tipo di gara che si vuole preparare e dal tempo che separa, atleta e allenatore, dall’avvenimento.