La donna podista
Forse non tutti sanno che la prima gara aperta alle donne furono gli 800 metri alle Olimpiadi di Amsterdam 1928. Per la cronaca, vinse la tedesca Randke (2’16”8), ma svariate concorrenti ebbero difficoltà, per cui il Comitato Olimpico Internazionale decise che le gare femminili non dovessero superare i 200 metri. Gli 800 metri ricomparvero solo ai Giochi di Roma 1960 dove, sempre per la cronaca, vinse la sovietica Sevcova (2’04”3). Questo per dire che il podismo al femminile è relativamente giovane.
Adesso il movimento sportivo al femminile nel suo complesso, non solo in quello podistico, è completamente cambiato e la donna, giustamente e naturalmente, è inserita in tutte le competizioni in calendario, anche in quelle più dure, come la maratona ad esempio in cui, giova ricordare, la britannica Paule Radcliffe ha un primato di 2h 15’ 25” che molti uomini possono soltanto sognare. Tuttavia, alcune differenze esistono fra uomini e donne (per fortuna…), almeno quelle riguardanti il ciclo mestruale e la gravidanza sulle quali “podisticamente” ci soffermeremo.
Gli studi, le ricerche e le osservazioni sulle modificazioni endocrine della donna sono sempre in via di aggiornamento, ma sembra accertato che non si conosca ancora perfettamente quale sia la fase del ciclo ormonale ottimale per raggiungere la migliore perfomance aerobica. Si ritiene comunque che il periodo mestruale non sia affatto sfavorevole, che nelle gare brevi e veloci il rendimento sia ancora ottimale e che, forse, sia diminuita la resistenza agli sforzi prolungati. Però, conta molto l’aspetto pedagogico pregresso, se cioè l’atleta donna abbia avuto un passato giovanile e sportivo degno di questo nome: in questo caso non si ha alcuna distinzione fra “giorni sì” e “giorni no”. D’altro canto, l’eventuale uso del farmaco contraccettivo, o regolatore del ciclo mestruale, pare abbia confermato quanto siano rari i casi in cui gli impegni agonistici impongano modificazioni del ciclo spontaneo doloroso e di come siano uguali sia le indicazioni che le controindicazioni all’uso della pillola. Comunque, è ormai accertato che l’attività fisica è in grado di modificare la secrezione endocrina della donna e che molte podiste presentano, a seconda dei casi sia l’oligomenorrea che l’amenorrea (il ritardo e l’assenza del ciclo mestruale), per cui un riesame dei carichi di lavoro s’impone, così come una ricerca più accurata e specifica in relazione alle varie situazioni soggettive. Fattori quali gli orari, il lavoro, lo studio, lo stress, possono determinare squilibri che richiedono opportuni e ponderati rimedi, il primo dei quali è indubbiamente la riduzione della quantità e della qualità negli allenamenti.
Per quanto riguarda l’aspetto della gravidanza, c’è da dire che è difficile stabilire il livello di attività fisica che divide il momento in cui il podismo può giovare oppure nuocere. Pareri medici anche autorevoli avvertono sui rischi per il regolare sviluppo del feto in quanto può essere danneggiato da un’attività fisica in eccesso, dal momento che gran parte del flusso sanguigno viene deviato dall’utero e dagli organi addominali verso i muscoli, mentre contemporaneamente si ha un innalzamento della temperatura corporea interna. Ma altri pareri medici altrettanto autorevoli precisano che il mantenimento di una efficiente capacità cardiocircolatoria può addirittura migliorare l’ossigenazione fetale e, quindi, anche il mantenimento di un ideale tono muscolare, oltre a favorire il superamento della fase del travaglio e di ridurre alcuni sintomi della gravidanza, come ad esempio i dolori alla colonna vertebrale.
Si conferma, ancora una volta, l’unicità della corsa: fa’ bene a tutti, pur nel rispetto delle singole realtà, fisiche e psicologiche, del tutto personali.