La supercompensazione per chi si allena
La supercompensazione non è un aumento di stipendio, o un lauto riconoscimento economico per una prestazione fornita al di sopra delle aspettative che si erano pattuite. O meglio, lo è, ma non in ambito podistico. In quest’ultimo, è il risultato, il ritorno, di un allenamento mirato. Leggiamone la definizione da Wikipedia: “La compensazione è un processo fisiologico che si verifica in conseguenza di un sovraccarico dell’organismo. Tale processo produce una diminuzione transitoria della capacità prestativa, per poi avere una risalita superiore al livello iniziale nella fase di recupero.”
La supercompensazione è quindi quella situazione che accompagna il podista nell’intero ciclo del suo allenamento, sia esso settimanale o quindicinale, e che sia caratterizzato da precisi carichi di lavoro. Non avrebbe dunque nessun senso, la supercompensazione, per un podista dedito solo alla corsa aerobica, a una corsa cioè che non avesse nel suo ambito allenamenti anaerobici, quelli che producono acido lattico, quelli che mettono sotto stress tutte le componenti dell’organismo. Però, è davvero interessante riflettere sulla supercompensazione, perché in un certo senso rimanda alle origini ataviche dell’uomo… C’è infatti, nella nostra Natura, uno spirito di conservazione e di sopravvivenza che spesso dimentichiamo, proprio perché ci è connaturato e per tanto ci siamo abituati. Quando l’organismo è sottoposto ad uno stato di stress eccessivo, questi tende a reagire, per ripristinare lo stato originario. E’ un po’ come quando cadiamo in terra e istintivamente ci proteggiamo con le mani. Gli esperti la chiamano “omeostasi”, vale a dire quella condizione di equilibrio in cui il corpo si trova in situazione di riposo. Questa condizione naturale, fa sì che gli allenamenti, stressanti o meno, siano seguiti sempre da una fase di recupero, caratterizzata da una drastica diminuzione della capacità prestativa. Per il podista è molto importante “leggere” questa fase di recupero, poiché sarà la sua condizione generale, assolutamente soggettiva, a renderla “produttiva” mediante una corsa rigenerante per così dire “personalizzata”. Infatti, tutti i podisti sanno che nel loro mondo difficilmente si riscontrano similitudini, fisiologiche o mentali, fra i vari componenti. Sono troppe le variabili che influiscono: età anagrafica, storia sportiva maturata, in precedenza, orari di lavoro, condizione familiare, adattabilità a carichi di lavoro, eccetera eccetera. Eppure, spesso i podisti considerano con sussiego sia il recupero che il riposo, ritenendoli poco più che degli impicci inevitabili e fastidiosi nel loro personale percorso di preparazione in vista di un qualche obiettivo da raggiungere. Viene quindi spontaneo dare dei consigli pratici al riguardo.
Premesso come accennato che non esiste il recupero valido per tutti e non tutti hanno le stesse capacità organiche, è meglio alternare un giorno di corsa impegnata ad un altro di corsa lenta. E se ciò non dovesse sembrare sufficiente, non esitare a rinviare ulteriormente il lavoro che si aveva in animo di effettuare, o al limite ripiegare (per modo di dire) su di un altro meno stressante, come potrebbe essere una corsa media in luogo di una serie di ripetute. Al riguardo, esistono due tipi di pericoli, specialmente in relazione all’età del podista. Il primo, nel caso si tratti di un podista relativamente giovane, egli “corre” il serio rischio di allenarsi oltre il dovuto e di andare incontro al pericolo del sovrallenamento, con ricadute pesantissime, sia sull’organismo che sull’emotività. Nel secondo, nel caso di un podista più “over”, com’è facile intuire, egli (spiace dirlo) va’ incontro quasi sicuramente ad una qualche forma d’infortunio, per eccessivo stress neuromuscolare non sorretto da un’adeguata condizione generale.
Quindi, amici podisti, alleniamoci sempre con avvedutezza e facciamo in modo che questa “supercompensazione” non sia altro che il felice risultato di avere rispettato il nostro organismo.