L’allenamento più difficile: il riposo
Quando un essere umano si trasforma… in podista, entra in una dimensione tale per cui ogni uscita di corsa è chiamata “allenamento”, che comprende una vasta gamma di ritmi da effettuare, dai più lenti a quelli più impegnativi, senza che quasi mai però ne contempli uno, per certi versi che diremo, il più importante: il riposo. Egli considera il riposo come un antitesi alla corsa; e spesso lo vive, quando volente o nolente lo pratica, con un senso di colpa, come se contravvenisse ad un preciso compito peculiare del podista modello. Ma non è così, e vediamo perché.
E’ indubitabile che l’allenamento serve al podista, cioè gli occorre che i muscoli e i tendini siano sottoposti a degli stimoli tali da consentire loro un adeguamento graduale a forme di stress che la corsa impegnata comporta. In altri termini, le fibre muscolari, nell’ambito delle loro tipiche contrazioni, sono da intendersi come degli elastici che hanno bisogno di una massima estensione per esprimersi, ma anche di una fase di ritorno per ricaricare la spinta energetica. Può sembrare paradossale, ma hanno bisogno di una “ricarica”…, al pari del nostro cellulare. Un po’ tutte le cose di questo mondo hanno bisogno di una fase di recupero, perché il nostro corpo dovrebbe esserne immune? Il problema, per il podista, consiste nel fatto che, purtroppo, l’adrenalina che lo accompagna in tutte le fasi della giornata…, gli impedisce di ascoltare attentamente i segnali che il corpo gli lancia, segnali di stanchezza, anche perché (spesso) gli capita di superarli nella fase di riscaldamento. Infatti, il corpo del podista è abituato a sopportare i carichi di lavoro e supera in modo brillante diversi momenti di difficoltà, per questa sua capacità acquisita nel tempo e nella pratica sportiva. Però, non bisognerebbe abusarne e pensare di essere dei supereroi…
La necessità del riposo si verifica soprattutto dopo un allenamento veramente intenso, lasciando perdere il malaugurato caso di un infortunio, per ovvi motivi. In questo caso, la velocità di recupero dopo un allenamento pesante, oppure dopo una gara faticosa (a volte anche non faticosa…), dipende dall’entità del trauma muscolare e dalla deplezione (diminuzione) di glicogeno subiti durante lo sforzo. Fino a quando il fastidio muscolare persiste e il podista avverte chiari segni di affaticamento, non è affatto consigliabile riprendere gli allenamenti; si “corre”, sì, ma… solo il rischio di pregiudicare la piena ripresa dell’efficienza e, anzi, di ostacolarla: il nostro corpo, quando è in condizioni menomate, mette in automatico il suo sistema di salvaguardia, ma ha bisogno dei suoi tempi, i quali dipendono dalla soggettività del podista, e cioè dalla sua “anagrafe podistica”. Quindi, è opportuno porre la necessaria attenzione agli stimoli imposti dal fisico del podista, ma soprattutto aspettare che gli stessi abbiano avuto la completa compensazione attraverso la naturale fase del recupero. Tradotto, è meglio aspettare un giorno in più rispetto a quello che si vorrebbe.
Si deve dunque considerare il riposo alla stessa stregua di un allenamento importante. E porsi la domanda: come facciamo noi un allenamento importante? Col massimo impegno, rispettando tutti i parametri conosciuti, sia in pratica che in letteratura. In un lavoro anaerobico, ad esempio, arriviamo in un tempo prestabilito alla velocità di soglia? Bene, nel riposo, per certi aspetti, dobbiamo mettere la stessa determinazione: ci rilasseremo completamente, sia dal punto di vista fisico che mentale, consentendo alle nostre cellule, nessuna esclusa, la piena e completa deconcentrazione: niente lunghe passeggiate, trasporti di carichi pesanti, viaggi estenuanti, veglie notturne, eccetera eccetera.
Un modo sicuro per accorgersi che si ha bisogno di riposo è la sveglia del mattino. Se si avverte un segno di parziale stanchezza già nello schiudersi degli occhi, come di un qualcosa che non si è fatto per intero (la voglia di ributtarsi sotto le coperte…), è un segnale sicuro non di un’atavica pigrizia, ma di una soffusa stanchezza: il podista, normalmente, si alza dal letto abbastanza di scatto (ha sempre bene in mente ciò che ha da fare…). Un altro elemento che può aiutare a determinare il grado di efficienza corporea al risveglio del mattino, ma questo è riservato ai podisti veramente esperti (o esagerati, fate voi…), è la conoscenza della propria frequenza cardiaca a riposo: se risulta superiore a certi valori (un aumento, anche lieve, delle pulsazioni), si è di fronte a un evidente stato di affaticamento.
E poi, amici podisti, facciamocene una ragione: in fin dei conti non è un dramma, si tratta solo di un giorno senza corsa!