Maledette endorfine!

Molto probabilmente, il detto che meglio si adatta alla maggior parte dei podisti è “predica bene e razzola male”, nel senso che si è prodighi di consigli, di fare ricorso sempre alla prudenza nel sostenere carichi di lavoro massacranti, di non ostinarsi con la corsa anche se si è infortunati, e cose di questo tipo, per poi puntualmente “smentirsi” quando si tratta delle situazioni che lo chiamano in prima causa.

Però, attenzione, siamo in grado di svelare a chi spetta la responsabilità di questa sciagurata condizione: la colpa è delle endorfine! Cosa sono le endorfine? Sono dei neurotrasmettitori, prodotti dunque del cervello, che hanno proprietà analgesiche e fisiologiche nei casi di esercizi fisici di una marcata intensità. Ora, mentre il termine “analgesico” lascia chiaramente ad intendere un qualcosa che allieva il dolore, l’altro, “fisiologico” è alquanto vago; ragione per cui cerchiamo di darne una, sia pure sintetica, esplicazione. Le endorfine innalzano la soglia del dolore, provocano benessere e buonumore, regolano l’attività intestinale, favoriscono il sonno e l’appetito, contrastano lo stress psico-fisico. Può bastare? Pensiamo di sì. Ed ecco perché la stragrande maggioranza dei podisti, quando corre, “sente” di star meglio: ed è proprio così. Non a caso, fra gli addetti ai lavori, cioè fra coloro che studiano il problema, è andata in uso l’espressione “runner’s high”, che letteralmente significa “sballo del corridore”, il che fa’ capire facilmente come il podista sia un soggetto… “a rischio endorfine”. In che senso?, direte voi, se non l’avete già intuito…

Quando un podista comincia l’attività podistica, ne trae come sappiamo e come abbiamo visto tutti i benefici di cui sopra. Nella sua mente si radica un pensiero, a sentirsi così bene mentre magari ad altri podisti capitano infortuni vari, che sia un caso a parte, che non rientri (per motivi insondabili e sconosciuti) nel novero dei podisti cosiddetti normali, ai quali può e deve capitare qualche cosa, prima o poi. Cioè, si forma il lui la subdola convinzione che possa continuare per la sua strada, senza “mischiarsi troppo” nelle situazioni infortunistiche dei “colleghi”. Questo stato d’animo, non è cattiveria. Vogliamo usare una parola difficile? E’ solipsismo. Non dimentichiamoci che il podismo è un sport, essenzialmente, solitario…

Quindi, “predica bene e razzola male” si adatta perfettamente al podista, il quale veleggia in una condizione tutta sua, come se fosse chiuso in una torre d’avorio, condizione resa possibile… dalla produzione di endorfine. Per cui, chiedetegli dei consigli, ve li darà, e saranno utili alla vostra prosecuzione podistica, in tutti i sensi. Ma non aspettatevi che lui faccia altrettanto con sé stesso!

 

 

 

 

 

 

 

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