Una, nessuna, centomila maratone
Prendiamo spunto da un noto titolo pirandelliano, per parlare dell’opportunità di partecipare a poche maratone, oppure a molte; se affrontarle con meticolosa e studiata applicazione, oppure con gioiosa superficialità; se considerarle un impegno per confrontarci con noi stessi, oppure un’occasione per stare con gli amici.
Cominciamo col dire che il numero dei podisti che durante l’anno corrono qualche maratona è aumentato, sia per la maggiore “offerta”, sia per la migliore preparazione specifica entrata ormai a far parte del “repertorio” degli appassionati della corsa di lunghe distanze. Ma esiste uno studio che indichi quante maratone correre in un anno senza andare incontro a delle difficoltà? Pensiamo di no, eccezion fatta per la vasta e diffusa pubblicazione che è stata fatta finora sulle effettive capacità del nostro organismo di “supportare e sopportare” degnamente le inevitabili fatiche, magari reiterate in poco tempo, quando si affrontano le maratone. E’ ancora. Esiste un altro studio, quello relativo alla probabilità di conseguire il proprio personale sulla distanza se si corrono poche o molte maratone in un periodo di tempo relativamente breve? Anche qui la risposta è negativa, poiché tutto è demandato alla specificità del soggetto, anche se la probabilità che un fisico che abbia sostenuto continui sforzi per ultimare più maratone (e per sostenere gli specifici allenamenti richiesti) possa conseguire certi obiettivi diminuisca, rispetto a chi, magari, ne abbia corse poche.
Una maratona procura al fisico un notevole stress, tanto che al suo termine è possibile riscontrare delle vere e proprie necrosi di particelle microscopiche di muscolo, oltre ad altre particolarità organiche, che lasciano facilmente intendere quanto sia necessario un giusto periodo di recupero fra una maratona e l’altra. Infatti, al pari dei muscoli, sono stressate anche le articolazioni e non è infrequente il caso di dover provvedere a delle fastidiose infiammazioni ai tendini. Tutte situazioni chiaramente soggettive, ma non per questo eludibili. Un sovraccarico localizzato porta a fratture da stress o tendiniti importanti. C’è poi da considerare il sovraccarico generale, sempre in agguato, che inizia con l’inappetenza e con l’insonnia, in grado di causare un crollo complessivo, che riduce vistosamente la possibilità di allenarsi.
Resta quindi al singolo saper interpretare i piccoli segnali che il corpo gli manda, facendo leva sul classico “buon senso”. Se ha in animo di correre svariate maratona durante l’anno, deve prestare la massima attenzione al recupero dopo ogni gara, azzardiamo a dire anche dopo un “lungo” o ad una 21km corsa come test, magari facendosi seguire da un fidato fisioterapista, o alternando in alcuni giorni, in misura blanda, altri sport come il nuoto o il ciclismo. Diventa poi, in questo quadro di recupero, specialmente durante la prima settimana, molto importante correre sempre e solo a ritmo lento e per un chilometraggio ridotto. Successivamente, si potrà tornare in maniera graduale a quelli che erano i ritmi abituali.
Però, attenzione: se poi non ci si sente veramente bene, senza nemmeno il minimo problema, diciamo dopo al meno 15 giorni dalla maratona, è meglio differirne la data della prossima. Questo perché il podista abituale non ha problemi a concludere una maratona, pur non trovandosi nelle migliori condizioni…, ma… Ecco per cui la ragione fondamentale si riduce “sempre e soltanto” al dato soggettivo: si corre la maratona per migliorarsi, o per continuare a stare meglio?