Tu chiamale se vuoi, infrazioni…
Ogni tanto leggiamo o sentiamo di “regole”; imposte, coercitive, restrittive, bolse, unilaterali, eccetera eccetera. Certo, noi tutti non abbiamo un buon rapporto con le “regole”. Esse ci ricordano dei comportamenti cui siamo chiamati ad assolvere, pena che non vorremmo prenderci. Ma la facilità con la quale le “regole” vengono evocate, ci convince sempre di più che forse l’argomento viene mal posto, dal momento che “l’altra faccia della medaglia”, cioè il contrario delle “regole”, è puntualmente realizzata: le “infrazioni”.
Spieghiamo meglio. Se noi applicassimo le “regole”, non avremmo bisogno di criticarle, per il desiderio di modificarle, abolirle, migliorarle. Qualche esempio?
Se c’è una regola che per iscriversi alla società bisogna prima di tutto consegnare il certificato medico e, subito dopo, depositare la quota annuale, perché non farlo?
Se c’è una regola che per iscriversi ad una gara si deve comunicarlo un certo numero di giorni prima, onde poter consentire che la pratica vada a buon fine, perché non farlo?
Se c’è una regola che obbliga l’atleta ad indossare, durante una gara, la divisa sociale in modo tale che la dicitura della squadra e dello sponsor vengano adeguatamente evidenziate, perché non farlo?
Se c’è una regola che prevede di recarsi ad una gara almeno un’ora prima della prevista partenza e non bighellonare fra bar, amici vari, rivendite di abbigliamento sportivo, eccetera eccetera, perché non farlo?
Se c’è una regola che bisogna aggiornarsi sui programmi della società e, contemporaneamente, far sapere i propri alla presidenza, per attestare anche un elementare senso di amicizia personale, perché non farlo?
Se c’è una regola che prevede il disciplinato afflusso al ristoro post gara, onde evitare quello che a volte sembra una riproposizione del vecchio “esproprio proletario”, perché non farlo?
Se c’è una regola che prevede di mettersi dietro la linea di partenza, cercando di non mettersi in prima fila se non si è particolarmente veloci, perché non farlo?
Se c’è una regola che dichiara essere il chip assolutamente personale e che quindi non vada ceduto ad altri, perché non farlo?
Se c’è una regola che prevede per una determinata gara la percorrenza effettiva dell’intero tracciato, senza “tagliare”, perché non farlo?
Se c’è una regola (etica in questo caso), nell’imminenza di una gara, di espletare i bisogni, liquidi o solidi che siano, in un bar, anche se necessariamente occorre pazientare in fila, perché non farlo?
Eccetera eccetera.