Saper correre è come saper andare in bici
Troppe volte vediamo podisti che corrono male, o almeno in modo molto migliorabile… Lo diciamo con tutto l‘affetto che nutriamo per questa bellissima disciplina e per i tanti amici che abbiamo l’onore e il piacere di conoscere, con alcuni dei quali dividiamo gare e allenamenti. A costoro, alcune volte, non ce la facciamo a trattenerci e li “angustiamo” con i nostri amorevoli rimbrotti circa lo stile di corsa che hanno e che li fa’, secondo il nostro modesto parere, rendere il ritmo più lento e il senso di sofferenza più acuto. Vogliamo quindi, per l’ennesima volta, ribadire alcuni semplici concetti che, sempre il nostro magari opinabile pensiero, stanno alla base formativa del podismo.
Già, la base formativa… Molto probabilmente risiede nell’età anagrafica dell’approccio dei podisti il vero problema: essi cominciano l’attività, nella maggioranza dei casi, in tarda età, difficilmente prima dei quarant’anni; ma se anche intraprendessero la carriera podistica verso i trent’anni si troverebbero di fronte alle analoghe difficoltà, e cioè alla mancanza delle basi teoriche e pratiche della corsa, quelle cose che nel calcio, tanto per fare un esempio, si chiamano “i fondamentali”.
Come si fa’ a distinguere se un podista corre bene? E’ facile, tutto sommato, basta vedere come aziona i suoi piedi; se quello di spinta agisce nella completa distensione della gamba, se quello di avanzamento poggia di pianta. Soprattutto quest’ultimo è indice di postura corretta, perché se si poggia di tallone, a parte le ripercussioni sulla schiena, si opera una specie di frenata: il piede tende a cadere, per così dire, fissandosi al suolo. Tra l’altro, poggiare sul tallone determina una spinta del corpo verso l’alto, come avviene per i saltatori, che infatti effettuano la battuta proprio di tallone. Mentre poggiare il piede di pianta o di avampiede (poi dipende dal podista e dalla gara), implica inevitabilmente una spinta in avanti, diremmo per inerzia, persistendo il movimento del corpo e una certa instabilità dell’appoggio stesso. Inoltre, e cosa non da poco, se si solleva il ginocchio così come si dovrebbe stando ai canoni che stiamo descrivendo, il piede nel sollevarsi sale formando una linea orizzontale, non obliqua tipica di chi si appresta poi a poggiare di tallone. Infatti, se si osserva qualche illustrazione del corretto stile di corsa, questa immagine, piede piatto quando il ginocchio si solleva, oltreché ricorrente è ben visibile ed esplicativa.
Un’altra considerazione va’ comunque fatta in merito al discorso che abbiamo intrapreso, ed è di natura psicologica. Un podista non più giovanissimo che si approssima alla corsa trova oltremodo “faticoso e fastidioso” rispettare i modi della corretta postura. Egli trova più comodo e molto meno faticoso procedere poggiando di tallone; gli sembra perfino più naturale. Ecco, è la stessa difficoltà che si riscontra nei preliminari delle attività alle quali non si è abituati. Non sorprende allora che molti podisti “si rassegnano” a questo modo di correre scorretto e sconveniente sotto l’aspetto del dispendio energetico. Però, farebbero meglio, per i primi tempi, a concentrarsi sul miglioramento dello stile, specialmente quando effettuano le corse a ritmo lento in allenamento; otterrebbero che il loro corpo memorizzerebbe il gesto e lo renderebbe automatico, non facendolo più pesare mentalmente. Un po’ come imparare ad andare in bicicletta: messo in preventivo qualche capitombolo poi, anche a distanza di anni in cui magari non si è fatto più uso della bici, si può andare… tranquillamente per le strade del mondo.