Gareggiare con il caldo estremo
I podisti abituali corrono sempre, perciò sono abituali. Cioè, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, fredde, ventilate, piovose o calde che siano, se ne infischiano altissimamente e corrono, nel senso completo del termine, ovverosia, si allenano e gareggiano. Però, c’è sempre un però, bisogna distinguere fra podista e corsa, se ci troviamo di fronte ad un podista “veramente” abituale, che abbia un bagaglio di esperienza di almeno un paio di anni o di fronte a una corsa, allenamento o gara, di chilometraggio ridotto o consistente. Prendiamo il classico caso di un podista medio, di età e di livello, impegnato in una gara di 10 km con temperatura esterna di 30°. Ecco, prendiamo questo esempio, pur di dire la nostra, visto il periodo afoso e lo svolgimento di alcune gare del periodo, che tanto fanno sudare…, anche dopo il cimento agonistico, a causa di innumerevoli pareri al riguardo, molti dei quali, scusateci, ci appaiono soltanto consolatori.
Sorvoliamo sulla necessità di idratarci adeguatamente, sulla opportunità d’indossare un tipo di abbigliamento non aderente al fine di favorire la traspirazione, e sorvoliamo pure sul ricordare che la sudorazione è il meccanismo attraverso il quale il nostro organismo svolge la funzione di termoregolazione corporea, che “costa”, comunque, in termini energetici di spesa e cerchiamo di fissare un dettaglio molto semplice che tanto interesse desta nei podisti quando gareggiano in condizioni di caldo estremo: quanto tempo si perde in simili occasioni? Per dirla meglio, e per usare altri termini, più consoni all’interesse del singolo podista, quanti secondi si perdono al km?
Si è già accennato alla “variabilità soggettiva”…; dipende dall’età anagrafica e podistica dell’atleta, dal suo “impatto emotivo col fenomeno” (nel calcio si dice, “dall’approccio”…), dal preciso periodo in cui si partecipa all’avvenimento (può capitare in un periodo di scarsa vena, o nella ripresa da un infortunio), dalle “abitudini” (c’è chi, d’estate, non gareggia affatto, scegliendo di “rigenerarsi”), insomma, dipende. Ma a voler segnalare una stima che si ritenga sufficientemente attendibile, non si sbaglia di molto nell’indicare un 10” al km. Riprendiamo il classico caso di un podista medio che corre una 10 km a 4’ al km, cioè nel tempo di 40’. Egli, in condizioni di caldo estremo, con una temperatura non inferiore ai 30°, impiegherà un minuto in più rispetto al suo standard. Giocherà a suo favore una buona dimestichezza con questo tipo di gara, cioè sarà, diciamo così, favorito se avrà già “conosciuto” in precedenza, anche in allenamento, certe sensazioni. Altrimenti, sarà destinato a impiegare più secondi nell’ambito del computo finale, arrivando perfino a sfiorare i due minuti.
Paradossalmente, il discorso cambia per una gara lunga, per una mezza o per una maratona. In tali gare, il podista s’imporrà un ritmo più blando, atto a durare più a lungo, e… “distribuirà”… molto meglio la sofferenza lungo tutto il tragitto… Ma di questo, magari, c’intratterremo un’altra volta.