Correre in curva non è facile, specialmente se è stretta
Guardando su FB un video di “Cronometro Gara”, riproducente il passaggio a 5.500 metri della gara “Race For Life”, dove era posto sul percorso un palo divisore attorno al quale si doveva girare, ho avuto ancora una volta modo di notare quanto sia difficile correre in curva. In questo caso, lo era ancora di più, poiché la curva era molto stretta e la striscia di vernice bianca sull’asfalto… non faceva che confermarlo. Allora, mi è venuto spontaneo scrivere qualcosa al riguardo, nella speranza di non urtare nessuna suscettibilità e nella convinzione profonda di non essere un esperto della materia podistica, benché un semplice e sincero appassionato.
A dire il vero, la questione del “correre in curva” me la posi allorquando se ne cominciò a parlare ai tempi in cui il grandissimo Pietro Mennea cominciava la sua formidabile carriera. Un poco prima, l’altrettanto grandissimo Livio Berruti, con la sua falcata agile ed elastica, non aveva sortito tutte le discussioni circa il modo di correre in curva. Viceversa, lo stile rabbioso e feroce del barlettano metteva in evidenza come l’atleta dovesse impegnarsi oltre il dovuto all’uscita della curva, per un certo non sapere distendere le energie in un tratto di percorso non rettilineo.
Così, cominciò ad apparirmi chiaro quanto importante fosse il corretto stile di corsa nell’economia di una gara podistica. Naturalmente, il discorso varia in dipendenza della lunghezza della gara; non si possono paragonare i 200 metri ai 10.000, per esempio. Vale a dire che ad uno sforzo eccessivo dovuto ad un gesto non ottimale si può sopperire in una distanza contenuta, ma non in una più consistente, in quanto le energie potrebbero essere già in parte “minacciate” dall’acido lattico. In quest’ultimo caso, cioè quando in una gara di resistenza si affronta male una curva, si può “in-correre” anche in qualche infortunio.
Ma cosa significa affrontare male una curva? O meglio, come si dovrebbe affrontare una curva? Molto semplicemente, non si dovrebbe “tagliare” la linea di curva, pensando di “accorciare” la distanza… Anzi, così facendo, si ottiene il contrario: si costringono i muscoli delle gambe a irrigidirsi di botto per ridurre la falcata, sottoponendoli, per lo sforzo temporaneo, ad uno stress muscolare eccessivo. In più, si rallenta l’andatura: dopo il danno, la beffa, verrebbe voglia di dire. Invece, sarebbe il caso, in vista di una curva, scegliere una traiettoria più larga, sia per non cambiare la fluidità di corsa, sia per non rallentare; perché così facendo si mantiene inalterata l’andatura e i… “centimetri” che si corrono in più affrontando una curva più larga, in realtà si guadagnano in… “secondi”.
E’ perfettamente inutile che io aggiunga che il modo opportuno per imparare a correre al meglio in curva è quello di esercitarsi, mediante allenamenti e gare, su pista. Poi, mi dite che io sono il solito rompiscatole e che ripeto sempre, appena ne ho l’occasione, le solite cose. In fondo, è vero.