Quando “i muscoli gridano vendetta”
La vita podistica è fatta di tantissimi momenti, molti bellissimi e pochi bruttissimi, tutti comunque che segnano la personalità e che caratterizzano le giornate e gli anni, segnandone il destino, di chi pratica la meravigliosa pratica sportiva del correre a piedi. Ognuno di questi momenti è meritevole di “approfondimento”, ma questa volta ci vogliamo soffermare su di uno soltanto, su quello che la cara amica Anna Maria Caso ha felicemente racchiuso nell’espressione “quando i muscoli gridano vendetta”, riferendosi alle incredibili sensazioni e percezioni che colgono i podisti, quando si trovano al cospetto del fatidico “muro” della maratona, quello che va’ dal 30* al 35* km.
E’la tipica situazione che si verifica ogni qual volta un essere umano si trova nella condizione di dover superare l’ultimo ostacolo prima dell’agognato raggiungimento dell’obiettivo prefissato. C’è insieme, mentalmente, la paura e la gioia di non riuscire o di trionfare; e, fisicamente, la paura e la gioia che il corpo possa non reggere la fatica o la gioia di riuscire a comandare la fatica fin verso il traguardo. In questi precisi chilometri, è vero, “i muscoli gridano vendetta”, cioè reclamano con tutta la forza della loro stanchezza che hanno il diritto di fare sentire la loro presenza e comunque, contemporaneamente, la loro completa adesione alle richieste della mente; richieste che, per tutto quello che hanno già dato i muscoli, la mente stessa sente di non poter più richiedere ad oltranza per lo sforzo di cui ha bisogno e che tuttavia esprime. Altre volte, in allenamento, i muscoli hanno raggiunto questa soglia, hanno conosciuto il limite fra l’abisso e l’infinito, questo limitare fra la felicità e la sofferenza pura. Ma era allenamento. In gara, tutto si amplifica, anche lo scoramento più profondo, anche l’abbattimento fisico, che diventa la quasi tentazione di fermarsi per incapacità a proseguire, abbandonandosi solo, non si sa per quali misteriosi miracoli della psiche, alla disperata e istintiva richiesta ai muscoli di procedere per inerzia. Ed essi rispondono al comando, per quanto flebile e doloroso sia, con cieca ostinazione.
La “vendetta dei muscoli” è l’attestazione che si sta toccando, in quei terribili e bellissimi minuti, la parte più intima e profonda del nostro io, senza infingimenti artificiali, ma solo con l’essenza della parte più nascosta e bella del nostro modo di essere, della nostra maniera di concepire la vita, cioè di essere capaci e degni di partecipare alle cose dell’universo.