Un aspetto inconfutabile

Spesso ci domandiamo perché certi tempi, nelle varie gare podistiche, non si conseguono più con la frequenza di una volta. Soprattutto, in riferimento ai podisti che affollano le competizioni domenicali che si svolgono essenzialmente su strada. Notiamo, con una diffusa dose di rammarico, che la maggioranza dei podisti fa’ fatica, ad esempio, a correre la 10 km in 35’, la Mezza in 1h e 20’ e la Maratona sotto le 3h. Come mai?

Si potrebbe pensare che siamo dei vecchi nostalgici, che non riusciamo a liberarci di alcuni ricordi, che ignoriamo le tecniche moderne relative a tutti gli aspetti podistici (metodi di allenamenti, scarpe e abbigliamento in generale, alimentazione). Eppure, di un aspetto che ci sembra inconfutabile, non riusciamo del tutto a liberarcene… Ed è di questo che vorremmo discutere. Ben inteso, senza avere nessun tipo di presunzione.

Cominciamo… “cronologicamente”. Cosa faceva una volta il podista tipo? Essenzialmente, prima di cominciare l’allenamento, lavorava. Lo sport, quindi anche il podismo, era visto (giustamente) come un divertimento. E per farlo, bisognava avere qualche ora libera. Prima il dovere e poi il piacere, si diceva. E, se vogliamo, si dice ancora. Ma cosa produceva questo modo di concepire la vita e lo sport? In effetti, chi si accingeva a praticare l’allenamento, aveva già un organismo per così dire precostituito, potenziato. Magari perché aveva lavorato nei campi o in fabbrica. L’allenamento che si svolgeva, andava ad integrare le capacità fisiche che già si possedevano. Tra l’altro, l’allenamento spesso si svolgeva su pista, dove le caratteristiche di ognuno avevano modo di esaltarsi e confermarsi, oltreché costruirsi. Ne conseguiva… un podista ben forgiato, ben strutturato, il quale, forte delle esperienze che poi maturava (allenamenti e gare), acquisiva delle capacità ulteriori che sfociavano nell’eccellenza.

Cosa fa’ invece, oggi, un podista tipo? Essenzialmente, prima di cominciare l’allenamento…, non prepara l’organismo… Di solito, si reca sul luogo dell’allenamento in macchina, non dedica del tempo alla sua preparazione organica (palestra o esercizi in casa). Magari perché è stato seduto per molte ore in ufficio o sul divano. L’allenamento che svolge deve giocoforza prevedere un congruo minutaggio di riscaldamento, per cercare d’integrare e sollecitare quelle caratteristiche fisiche che sono quasi sempre trascurate. Della pista, (quasi) neanche a parlarne… Così, le occasioni per maturare esperienza, per verificare il passo, per confrontarsi con la fatica sopravvenuta e la reazione necessaria per contrastarla, si riducono ad alcuni allenamenti specifici che si riescono a sostenere e alle molte (forse troppe) gare a cui si partecipa. Tutte cose, che a giudicare appunto dai risultati che si registrano, sono spesso (quasi sempre, purtroppo) inferiori alle aspettative.

In definitiva, ci sembra sia valido il solito mantra che caratterizza la nostra società, cioè il nostro modo di vivere: troppa comodità nuoce all’organismo. Volenti o nolenti, abbiamo dimenticato di muoverci con assiduità. Quando lo facciamo, cioè quando ci muoviamo (tra l’altro, solo in alcune ore o sedi  predisposte), lo facciamo partendo da fermi. In un certo senso, partiamo svantaggiati!

 

 

 

 

 

 

 

Potrebbero interessarti anche...