I primi due-tre anni
Stamattina, al bar, si è parlato come al solito di tantissimi argomenti. I nostri caffè sono sempre… lunghi… Quello che ha tenuto maggiormente testa alla conversazione, però, è stata una semplice considerazione sopravvenuta a tutti come una nostalgica rivisitazione del proprio passato. Tra una sorsata di caffè e un’amichevole risata, io, Nello, Paolo e Ciro, quasi senza rendercene conto, davamo la stura a un argomento podistico incontrovertibile, che adesso nei miei modesti limiti espressivi riferirò. Ha cominciato Paolo, che del gruppo è il chiacchierone più assiduo:
“Quella volta, a San Giuseppe Vesuviano, io corsi i 10 km in 49’…”
Al che ha replicato Nello:
“In quella gara io feci 43’…”
Ciro non è stato da meno:
“Invece io, a Nocera, la chiusi in 44’…”
Non potevo non intervenire io, amico più… esperto, diciamo così:
“Una volta, a San Giuseppe Vesuviano, io risultai il primo dei Master, quando ancora esisteva la categoria TM, quella che accumunava i podisti fino ai 24 anni. Anche di Nocera ho un buon ricorso, a parte il fatto che era un po’ più lunga di 10 km.”
Ciro: “E’ vero, era 10,400 km…”
Nello: “Peppe, però a San Giuseppe Vesuviano ricordo che mi superò un signore con un pancione incredibile… Quasi mi vergognai, quando dopo averlo sentito ansimare dietro di me, mi passò con una facilità disarmante…”
Paolo: “La stessa cosa è accaduta a me, molte volte. A tal punto che in una gara, per non farmi superare da due belle ragazze, le pregai di arrivare insieme, per farci una bella foto al traguardo…!
Ho rassicurato i miei amici, dicendo loro quanto segue:
“Nella carriera podistica di qualsiasi persona che si dedica a questo sport meraviglioso, i migliori risultati si riscontrano nei primi due-tre anni di attività. Dopo, ancora per qualche annetto, tutt’al più si “mantiene” un certo livello, una condizione personale che può essere anche di buon livello per almeno dieci anni. Poi, subentra, inevitabilmente, un normale e fisiologico calo delle prestazioni, anche in relazione alle singole esperienze di vita, non solo sportive. Tu Nello dici che quella volta un podista con una bella pancia ti superò facilmente… E tu Paolo “confermi” questa imbarazzante situazione…, che ti è successa più volte… Ebbene io, nei primi due-tre anni di gare, fui protagonista di un episodio simile che mi fece subito comprendere questa realtà podistica… Si era a Cercola, ed io come facevo di solito, partivo a razzo, salvo poi mantenere, nei limiti del possibile, un’andatura sostenuta, fino all’arrivo, che raggiungevo dopo 35’… Mi raggiungevano e mi superavano dopo un chilometro, i più forti, che io vedevo sfilare e via via allontanarsi… Ma quella volta uno dei primi a superarmi, forse il primo, fu un… “vecchietto”…! Ricordo i suoi capelli radi e i suoi baffetti…! Rimasi sconsolato, pur continuando a correre al mio ritmo… Seppi poi quando giunsi all’arrivo, perché lo chiesi a un podista amico mio molto esperto, che “quel vecchietto” altri non era che Santamaria, ex campione italiano dei 10.000 metri su pista, in 29’…”
La risatina degli amici si è unita alla mia:
“Quindi, guagliù, è proprio così… Quando cominciamo a correre in maniera seria e non improvvisata, quando cioè cominciamo ad essere veramente podisti, a seguire una certa tabella di allenamenti, il nostro organismo è fresco di energie, per cui possiamo raggiungere i migliori risultati, quelli che poi dovremo rassegnarci a non raggiungere mai più in carriera. Questo meraviglioso e indimenticabile periodo dura, appunto, due-tre anni.”
Per la cronaca, stamattina al bar ha offerto Ciro, per festeggiare una bella notizia.