Sergio Ottolina non c’è più, ma mi resta la sua lezione

Apprendo con sincero dispiacere che è morto Sergio Ottolina…

Quando muore un campione, cerco subito di rintracciare nella mia memoria le tracce di ciò che mi ha lasciato. Per me, un campione è anche questo: uno sportivo che, oltre a lasciare un segno, mi ha dato qualche lezione.

Erano gli anni 60, i favolosi anni 60, quelli dell’Olimpiade di Roma, quelli della ripresa economica, quelli delle nuove imprese alle quali pensavamo di non essere adatti. Ed invece, c’erano due ragazzi italiani dello sprinter che gareggiavano con successo, Livio Berruti e Sergio Ottolina. Com’è noto, Berruti vinse le Olimpiadi, stabilendo tra l’altro il record del mondo sui 200 metri. Ma Ottolina non gli era molto distante…, dal momento che qualche anno più tardi ne migliorò la prestazione, stabilendo il nuovo record europeo. Mi piaceva, Ottolina. Si allenava con continuità e serietà, senza fare proclami di nessuna sorta, ottenendo sempre risultati di livello. Ma, improvvisamente, almeno per me, passò ai 400 metri… E’ in questo consiste la “lezione” che mi trasmise…

Capii che nello sport in genere, l’età giovanile è sempre quella più reattiva, più “veloce”. Ma poi, quando questa fase iniziale trascorre, l’organismo passa dalla velocità alla resistenza. Lo vidi per la prima volta in Ottolina, ma successivamente lo riscontrai in tutti gli altri sport, nel calcio e nel ciclismo soprattutto.

Perché rimasi così impressionato dalla “lezione” di Ottolina? Non lo so. Spesso me lo sono chiesto. Chissà.  Forse, perché ero un ragazzo di scuola media, e stavo imparando le cose della vita, le mie prime cose….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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