Il cambio di stagione per i podisti
Al giorno d’oggi, un po’ per tutti, è difficile parlare di “cambio di stagione”. Sarà il cambiamento climatico, sarà il surriscaldamento del pianeta, sarà l’inquinamento…, ma si fa’ una gran fatica a calibrare, cioè ad indovinare, il giusto abbigliamento da indossare. Forse i podisti, abituati ad uscire a tutte le ore e in tutti i giorni, sono in parte avvantaggiati. Essi già sanno come comportarsi. A differenza delle persone comuni, che escono per lavoro e non per diporto e che quindi sono costrette ad indossare un abbigliamento fisso e ortodosso. Lo vedete voi un impiegato che, arrivato in ufficio, dopo aver affrontato una pioggia insistente, si cambia le scarpe…? O un operaio cambiarsi la tuta, perché inzuppata fradicia…?
Ma non consiste solo in questo, cioè nella possibilità del ricambio, la capacità dei podisti di fronteggiare l’inclemenza atmosferica. In realtà, proprio perché questo fenomeno, chiamiamolo così, è abbastanza ricorrente, dal momento che è da qualche decennio che non si riesce più a distinguere il trascorrere delle stagioni, i podisti hanno maturato la consapevolezza che è consigliabile vestirsi per così dire “a cipolla”. Nell’armadietto dei podisti fanno quindi bella mostra di sé berrettini, smanicati, k-way, e quant’altro, tutti indumenti facilmente “ estraibili e riponibili”, a seconda dell’esperienza del soggetto e dell’evenienza sopravvenuta, magari grazie ad un piccolo marsupio, che non ostacola affatto il normale fluire dell’allenamento.
Esiste il fondato rischio che non si possa più distinguere, nell’armadietto dei podisti, come una volta, l’abbigliamento leggero da quello più protettivo. Ad esempio, la calzamaglia non è più relegata in un certo angolo, ma affiora fra i pantaloncini corti da ciclista, e perfino fra quelli aperti. L’armadietto si è fatto più caotico… Bisogna rassegnarsi… Ma è il male minore; l’importante è sempre poter correre. Che possiamo farci? Non ci sono più le stagioni di una volta….