Il futuro podistico ha un cuore antico

Il mondo podistico, ovvero la sua evoluzione, è sempre più il paradigma di quello che si realizza nella nostra società… Senza scomodare illustri predecessori, da Vico ad Hegel per esempio (che poi tra parentesi podisti non sono…), possiamo dire che ad una prima fase ruspante ed arcigna, dove si fonda e si struttura la società, ne segue un’altra di crescita e di prosperità, la quale illude che il processo possa andare all’infinito. Da qui la decadenza e un’irrefrenabile discesa. che sembra richiedere, se non implorare, una nuova era primitiva e solidale sulla quale fondare una speranza di rinascita. Storicismo applicato al podismo…? Sì, perché no? Continuiamo nella riflessione…

In effetti, il movimento podistico, in Italia e non solo, è nato verso la fine del 19° secolo…, quando si materializzarono i valori dell’industrializzazione, innescando in tutti gli uomini l’impulso della velocità, dell’ottimismo, delle migliorate possibilità economiche. Crebbe e si radicò nelle coscienze il bisogno di riscoprire i piaceri della vita, tramite le attività individuali. Lo sviluppo della persona, nelle sue infinite possibilità, venne posto a cardine del nuovo assetto sociale: lavoro, famiglia, arte, sport, tutto si aprì al nuovo modo di vivere. Anche lo sport, come si è appena detto…

Prima di questo periodo, lo sport non esisteva… Pensiamo al contadino che arava il suo pezzetto di terreno… Egli lavorava di braccia, di gambe, di forza muscolare. E doveva avere, verso la sua attività, il rispetto mentale dovuto, in attesa della ricompensa per il suo lavoro, a raccolta avvenuta. Avveniva lo stesso, più o meno, anche all’artigiano e a qualsiasi altra forma di lavoro individuale. Cioè, le capacità fisiche e mentali dell’individuo si univano per raggiungere l’obiettivo del proprio sostentamento. Ma quando con l’avvento dell’industrializzazione l’uomo si affrancò parzialmente da questa necessità, ecco che il tempo che aveva guadagnato pensò di utilizzarlo per il proprio divertimento. La parola “sport”, ricordiamocelo, viene da “diporto”, cioè “gita”, “divertimento”…

Oggi noi assistiamo ad un asservimento, quasi totale, ad una vera e propria dipendenza dal dato tecnologico, che ha se non fatto smarrire quasi completamente, per lo meno ha fatto vacillare fortemente, la base dei valori sui quali vive (si forma e si conforma) ogni individuo. Si è perso, o si è quasi perso, il gusto del lavoro delle braccia, delle gambe, della forza muscolare. E si è persa, o si è quasi persa, la capacità di concentrarsi mentalmente sui programmi e gli obiettivi da perpetrare nel tempo prima di ottenere qualche risultato. Si è perso, o si è quasi perso, il “cuore antico”…   

Ecco perché siamo fiduciosi, per quanto riguarda il podismo, circa l’avvenire. Nonostante i guasti causati dall’uso esagerato della tecnologia, sia nel nostro corpo che nella nostra mente, i podisti hanno da qualche decennio riscoperto il gusto di fare esercizio all’aria aperta, assaporando la fatica e la gioia dei risultati che ne derivano. E poiché il podismo si pratica all’aria aperta, a contatto con gli elementi naturali, pioggia, vento, sole, alberi, colline, prati, strade, eccetera, il podista ritorna al suo stato primordiale ed autentico, ritrovando le sue sensazioni più profonde, con il suo “cuore antico”. Se l’esasperato uso della tecnologia ha allontanato l’uomo dalla sua natura, interna ed esterna, ecco che il podismo lo ricongiunge con la sua essenza più intima, vera e irrinunciabile.

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