Il podismo di don Mariano
Nel bel racconto di Leonardo Sciascia, “Il giorno della civetta”, spicca la definizione di Don Mariano fatta al capitano Bellodi circa la classificazione dell’umanità, resa celebre anche dall’ottimo film di Damiano Damiani, con le interpretazioni di Lee J. Cobb e Franco Nero.
“Io divido l’umanità in 5 categorie: ci sono gli uomini veri, i mezzi uomini, gli ominicchi, i ruffiani (i piglianculo, nel testo di Sciascia) e i quaquaraquà. Sono pochissimi gli uomini, i mezzi uomini pochi, già molti di più gli ominicchi (sono come bambini, che si credono grandi), stando ai ruffiani, stanno diventando un vero esercito. E infine, come se non ci fossero, i quaquaraquà, un branco di oche.”
Perché pensiamo a questo celebre episodio? Perché pensiamo che si possa applicare ad ogni campo, anche a quello del podismo. Nella nostra fervida immaginazione, pensiamo che Don Mariano spieghi ad uno sconcertato Bellodi come mai il mondo podistico stia degenerando.
“Io divido gli appartenenti al mondo podistico in 5 categorie: ci sono i podisti veri, i mezzi podisti, i podisticchi, i ruffiani e i quaquaraquà. Sono pochissimi i podisti, i mezzi podisti pochi, già molti di più i podisticchi (sono come bambini, che si credono grandi), stando ai ruffiani, stanno diventando un vero esercito. E infine, come se non ci fossero, i quaquaraquà, un branco di oche.”
Nel racconto di Sciascia e nel film di Damiani, Bellodi chiede a Don Mariano che significa essere un uomo. Don Mariano gli risponde, asserendo che è uomo colui che, pur potendo esercitare il potere con la forza, se ne astiene, preferendo relazionarsi con gli altri mediante la dignità.
Per analogia, noi pensiamo che Don Mariano risponderebbe in questo modo alla domanda su chi possa definirsi podista.
“I podisti sono quelli che corrono e basta, forti o non forti, non si vantano della loro condizione. I mezzi podisti qualche volta non riescono ad essere indifferenti alle situazioni della corsa e cedono ad alcune vanità. I podisticchi sono come bambini che si credono grandi: parlano, corrono, agiscono in modo concitato, sono attivi e intraprendenti, ma fanno spesso solo confusione. Stando ai ruffiani, stanno diventando un vero esercito. Lo si vede dal numero eccessivo di partecipanti alle gare, la maggioranza dei quali alza le mani in segno di vittoria già alla partenza, è sempre sorridente e alla ricerca di fotografi compiacenti. E infine, come se non ci fossero, i quaquaraquà, un branco di oche, come se non ci fossero. Si trascinano nelle retrovie, grassi e grossi, con la testa abbassata, consapevoli della loro mediocrità e lentezza. Ma forse per questo, per la loro umiltà, che magari è forzata, sono meritevoli di umana comprensione.”