Il difficile “ruolo” dell’allenato
Dopo aver esaminato (esaminato però è una parola forte) la posizione dell’allenatore in ambito podistico, ci sembra opportuno occuparci anche dell’allenato, di colui o di colei che, tra virgolette, beneficia del posto in essere. E’, questo, un aspetto forse non adeguatamente sondato: l’imbarazzo, la riconoscenza, o la graduale insofferenza verso una persona vista sicuramente nella fase iniziale del rapporto come come un “faro” da cui farsi illuminare, ma che poi, proprio grazie ai suoi insegnamenti, che può paradossalmente rappresentare una “zavorra”, tanto per restare metaforicamente nella terminologia marinara.
In effetti non esiste, come per l’allenatore, una “doppia veste” dell’allenato, un “allenato-professionista” e un “allenato-amico”. Esiste solo la seconda determinazione che si riferisce all’allenato, condizione che, inevitabilmente e inesorabilmente, si evolve e si trasforma, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Non può essere altrimenti, è nella natura delle cose, e non si tratta di irriconoscenza. Continuiamo con l’esempio tratto dalla realtà marinara. L’istruttore che insegna a nuotare a chi non lo sa fare, specialmente se è una persona saggia ed esperta, si aspetta che dopo un po’ l’allievo impari a farlo e che per questo motivo si allontani da lui…, proprio perché ha imparato a nuotare!
Viene da pensare ad Alessandro Magno… Egli ebbe come precettore il più grande filosofo del suo tempo; suo padre Filippo lo affidò alle “cure” di Aristotele, che sicuramente dovette insegnargli le cose belle e importanti della vita per le quali vale la pena di… stare sulla Terra. Ebbene, la critica sulla figura di Alessandro si è sempre divisa: da un lato si sottolinea che il grande condottiero abbia “dimenticato” gli insegnamenti del maestro (istruttore…) circa i valori della fratellanza; da un altro lato, invece, si rimarca l’importanza di aver formato un grande impero dove sia l’occidente che l’oriente potessero convivere pacificamente. Chi ha ragione?
Nella vita, spesso, nessuno ha torto e nessuno ha ragione. Il tempo è una condizione indifferente ai destini dell’uomo: si cresce e si cambia non per un accadimento particolare, ma per una insita necessità evolutiva. L’importante è fare tesoro degli insegnamenti appresi, indipendentemente da chi ne è stato lo strumento, cercando di coglierne gli aspetti salienti e utili per una vita, podistica e non, improntata ai principi dell’amicizia e della solidarietà.